Il canto del cigno del power-duo dakotiano, che fu un antesignano di una certa corrente che nel decennio successivo (ad esempio, Lightning Bolt) avrebbe avuto una maggiore risonanza. Nonostante un contratto con la Sub Pop, dopo Share the fantasy Kunka e Haugh scomparvero letteralmente nel nulla; soltanto il bassista tornerà con gli Enemy Mine, progetto a 4 mani con un Low (?) che frutterà soltanto un disco, peraltro abbastanza scarso.
Le direttive sono le solite: basso ipersaturo, batteria indemoniata, claustrofobia a go-go, voci filtrate e dilaniate. L'influenza dei Melvins è papabile in mattoni come Bunson over the janson o Goin' Commando, dalla quale però riescono a svicolare grazie a varianti space interessanti. Per il resto triturano tutto ciò che gli si presenta davanti come un bulldozer: hardcore furioso (Friend Island), grunge inacidito e cattivissimo (Relationshit, Nap attack), noise newyorkese (Time to feed the pythons e Home crap home, che ricorda i Cows), e persino uno slow-core come Braincloud. Ma come gli intermezzi lounge di Scientific supercake e le ipnosi di Skyward in triumph, anche qui il duo trova il modo di divagare sperimentando: il piano inquietante di Dan vs. fellow Dan, la seconda parte di You're fighting me now minimale elettronica alla stregua dei Trans Am più sottilini. Ed infine la rivelazione del lotto, la cover di In the air tonight, famoso successo di Phil Collins che qui viene trasfigurata in un incubo post-industriale con voci androidi e fendenti chitarristici.
Il silos era pieno, la missione fu compiuta.
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