Musica Totale, in questo disco-fiume di 70 minuti, il secondo di questi canadesi, frutto dell'atipico incontro fra un antropologo e un compositore di colonne sonore. Musica imprendibile, che disorienta con i suoi eccessi d'imponenza, grazie anche all'uso spropositato dei campionamenti.
Durò appena un lustro, il progetto del chitarrista Vanhke e del tastierista Wulf, dedito a queste mini-opere dell'assurdo. Premonition è composto da 21 collage impazziti a base di funk raggelante, rock industriale, cosmic-ambient, elettronica post-wave e persino musica da camera. Infatti nella formazione era appena entrata la violinista Akastia, che svisava fra schizzi debordanti e seriosità neo-classica (è protagonista nel miglior titolo in scaletta, l'impressionante Dresden), contribuendo in maniera decisiva a variegare il suono vampiro.
Un sound il cui lo spiegamento di mezzi giustifica il fine di addossare tensione senza mostrar sangue, come in un thriller efficacissimo: la voce di Vanhke, stridula e monotona, le meccanizzazioni freddissime della drum machine, le rasoiate atonali di chitarra e come già riferito sopra, la marea interminabile di campionamenti. Nel finale c'è spazio persino per sonorizzazioni da orchestra e un paio di numeri new-age, per un disco il cui potenziale s'inizia a capire soltanto dopo 4-5 ascolti, a fronte di un primo in cui avevo sentito un rigetto.
Attenzione, occorrono precauzioni.
Durò appena un lustro, il progetto del chitarrista Vanhke e del tastierista Wulf, dedito a queste mini-opere dell'assurdo. Premonition è composto da 21 collage impazziti a base di funk raggelante, rock industriale, cosmic-ambient, elettronica post-wave e persino musica da camera. Infatti nella formazione era appena entrata la violinista Akastia, che svisava fra schizzi debordanti e seriosità neo-classica (è protagonista nel miglior titolo in scaletta, l'impressionante Dresden), contribuendo in maniera decisiva a variegare il suono vampiro.
Un sound il cui lo spiegamento di mezzi giustifica il fine di addossare tensione senza mostrar sangue, come in un thriller efficacissimo: la voce di Vanhke, stridula e monotona, le meccanizzazioni freddissime della drum machine, le rasoiate atonali di chitarra e come già riferito sopra, la marea interminabile di campionamenti. Nel finale c'è spazio persino per sonorizzazioni da orchestra e un paio di numeri new-age, per un disco il cui potenziale s'inizia a capire soltanto dopo 4-5 ascolti, a fronte di un primo in cui avevo sentito un rigetto.
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