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C'è una forza prorompente nei pezzi in cui le melodie sono appena più facili (Easy does it, Apple or a gun, Pulling my face in and out..), che finisce per farli sembrare dei Radiohead impazziti, col cantante tarantolato Smith che sfregia la chitarra atonalmente, salvo le eccellenti Fire Fire e Red white bells che si pregiano di ambientazioni mutanti ed avvincenti (la prima avrebbe anche fatto un figurone su The bends). Anche se è lui il frontman la maggior responsabilità delle musiche sembra essere sulle spalle del bassista/sintesista/electronic guy Cartwright, fautore di una lunga sequela di trovate freak (la new-age-core di $40.000 plus interest, lo stordimento lunare di Larchamont's arrival, lo sbilenco jazz di Hello Explosion, forse il pezzo più interessante del lotto), e del batterista Scranton, a suo agio nelle partiture più improbabili e rigoglioso di cascate di colpi memore di Kevin Shea.
Un disco difficile, ma che sarebbe venuto meglio tagliando un paio di episodi negativi (il delirio vocale di La Lluvia è ben poco digeribile, va bene l'avanguardia ma certi numeri già si perdonavano a fatica a Jeff Buckley), rendendolo un po' più condensato e maggiormente apprezzabile. Ad ogni modo, davvero bravi ed originali.
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