Sfida ambiziosa quanto improbabile: mixare black-metal con prog e post-rock sembra davvero oltre il limite, ma nelle 4 lunghe tracce di Stahlhartes Gehäuse il gruppo di Portland cerca di trovare un compromesso che quantomeno incuriosisce.
Ovvio che le serratissime scorribande con voce canonicamente isterica possono piacere e non piacere (ed io non ne sono un particolare estimatore, a meno che non si parli di Gnaw Their Tongues), ma se non altro non opprimono il complesso perchè L'acephale giocano agli scarti con nonchalance. Ad esempio, la bellissima coda di feedback, chitarra classica e piano di Perdition è uno dei momenti migliori del disco. In formazione c'è anche un violino, la cui seriosità si inserisce alla perfezione in Psalm of misery. Altrove si segnalano grandeur operistiche, stralci dark-ambient, aperture di folk nordico e addirittura sentori tibetani.
Formula interessante ma perfettibile, che peraltro potrebbe irritare per una supposta autoreferenzialità che mi è parso di captare in qua e in là.
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