Se la memoria non m'inganna, questo è il primo disco cinese che ascolto in assoluto, ed è un gigantesco sfoggio di massimale drone guitarism.
Ma a differenza di tanti altri colleghi sparsi in tutto il mondo, Jianhong non fa nè drone-metal nè drone-gaze standardizzati. I 50 minuti di questa suite stanno in un limbo aero-spaziale che sembra volteggiare attorno all'imponente massiccio montuoso della cover senza mai sbatterci contro.
Posseduto da un demone multi-strato, il chitarrista armeggia a più non posso fra i saliscendi di questa folle corsa creando una violentissima ed interminabile allucinazione, che rende impervio l'ascolto anche all'orecchio più scafato in termini di noise.
E' un po' come se l'Hendrix dell'isola di Wight si fosse materializzato oggi, avesse preso coscienza dello stato in cui si trova il pianeta e, in preda al panico più infervorato si lanciasse in un solo terminale.
Terminale è la parola giusta per definire Sang Sheng Shi: è talmente troppo che rischia di nauseare, ma di sicuro non passa indifferente e non si dimentica come capita spesso coi dischi oggi.
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