Concepito essenzialmente come testamento delle chitarre e del loro ronzio imperterrito, Motion Pool è di fatto il prodotto più accessibile che Main abbia prodotto.
Un colpo di coda, proprio come l'ha definito Hampson in un'intervista. Pur essendo privo di ritmo, il disco si muove attraverso patterns minimali in cui le frasi profonde di basso costituiscono la spina dorsale per i vortici infiniti delle 6-corde. E, aspetto non trascurabile, contiene ancora vocals che sono quasi in sottofondo, spettrali e fredde.
Così tracce come Rail, Core, Spectra decay e Rotary eclipse stabiliscono un parallelo fra i Loop e l'isolazionismo ambizioso che sempre più contagerà Hampson negli anni a venire. E' chiaro che fra l'acid-rock dei primi e le elucubrazioni ambient-industrial del secondo c'è di mezzo un mare, ma gli scampoli compositivi denotano lo stesso dna. Come in un metaforico passaggio di testimone, le ultime 3 tracce del disco sono già immerse nell'immediata prosecuzione, fatte di riverberazioni chimiche e spirali droniche che scavano in uno spazio scuro, scurissimo.
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