Nell'intenzione di portare agli estremi eccessi il proto-stoner degli antichi Blue Cheer filtrandolo con le follie iconoclastiche di Keiji Haino, l'ultra-power-trio nipponico Mainliner ha finito per anticipare l'harsh-noise-rock del decennio '00. Un suono saturo oltre ogni umana concezione.
Il retaggio seventies è facilmente intuibile nelle movenze ritmiche e nell'essenza dei riff, già nei primi 5 minuti di Black Sky. Ma quando tutto esplode in un delirio di chitarra impazzita e batteria imprendibile si capisce che il controllo è già stato perso del tutto, e cosa ancor più caratteristica, ogni parvenza di equalizzazione viene beatamente cacciata fuori dallo studio, a farsi benedire.
M. rilancia lo stesso copione, ma con un basso sgusciante in evidenza e uno schema appena appena più controllato. In miniatura rispetto ai due, Cockamamie è una breve sfuriata che accende la miccia all'inizio.
L'isteria tipica degli estremisti giapponesi è la componente più interessante dei Mainliner: ciò che in soldoni sarebbe stata una mezz'ora abbondante di hard-rock (con tanto di canto incerto) neanche tanto formidabile viene trasfigurata e violentata da tre protagonisti di tecnica oltremodo viscerale (spicca il batterista, proveniente dal jazz-rock).
Fragori isterici.
Nessun commento:
Posta un commento