Terzo album, con l'innesto di un tastierista anch'egli americano come gli altri compari, e svolta terrena per Falsini che riduce sensibilmente la componente cosmica di SF in favore di composizioni più nitide, cantate e votate all'amalgama del gruppo, con conseguente possibilità per i gregari di mettere in mostra il loro talento.
D'altra parte l'incipit è clamoroso: il giro di chitarra ed il ritmo dispari rendono Strange about your hands un highlight memorabile e fa già capire di che pasta è fatto Finest finger. Pasta d'autore ai vertici della propria ispirazione; non c'è un pezzo che non sia bello, le arie sono fisiche ed in maggior parte cupe, si sfiora l'hard-rock (Yardbirds dream) ma le definizioni lasciano il tempo che trovano. Inutile sottolineare la qualità immensa degli intarsi chitarristici di Falsini (The left side of the green, Just a little bit more on the curve, Boat of madness), che trova sfogo anche sull'acustica con risultati passionali (la splendida Map). Il mio disco preferito dei SF.
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