martedì 31 dicembre 2013

Suicide - Second Album (1980)

Ma se Rev e Vega avessero fatto un secondo sulla falsariga del debutto, cosa si sarebbe scritto al riguardo? Sarebbe stato dipinto come un secondo capolavoro di lungimiranza o come una replica senza arte nè parte?
Fecero bene, i due ceffi, a trovare soluzioni diverse e ad introdurre qualche melodia in più. Il risultato sta in un disco che disorienta ancora, i cui ammiccamenti danzerecci finiscono per apparire ancor più macabri di quanto lo fossero certi incubi del primo; in questo modo ebbe inizio il synth-pop, anche se nella venatura esclusivamente di Rev/Vega. Che ebbe particolare riuscita in Mr. Ray, Touch me, Dance, e nel capolavoro Harlem, sulla scia dei primi grandi shock.
Notevoli le 3 aggiunte nella ristampa del 2009, in particolare Radiation. Musica che col senno di oggi sembra così semplice semplice, ma allora....

lunedì 30 dicembre 2013

Suez - Illusion of growth (2013)

Poco tempo fa scrivevo due righe sugli Shock Headed Peters, ed alla fine mi chiedevo se mai avessi sentito qualcuno replicare le loro gesta. Ora ascolto per la prima volta questo quartetto di Cesena ed ecco la pronta risposta alla mia domanda: dopo 30 anni ecco qualcuno che si ispira (non so quanto volontariamente, però è inevitabile) all'art-post-wave decadente e surreale di quella entità, con le dovute traslature temporali ma in maniera significativa, a partire dalla clamorosa somiglianza dell'impostazione vocale del cantante con Karl Blake.
Sia chiaro, asserisco questo in un'accezione positiva perchè con queste premesse i Suez fanno sentire la loro impronta personale: oltre agli impliciti tributi ai Peters (Things don't change, Bloop, la ballad pianistica Anything), ci sono pezzi accattivanti di chiara derivazione new-wave (Boys must cry, Chains) ed un paio di perle post-moderne dagli umori mutanti come Head bang e 1.000 Years.
Non conosco l'età ed i trascorsi ma credo che possano fare ottime cose, crescendo.

domenica 29 dicembre 2013

Subaudition - The scope (2006)

Duo finlandese dedito ad uno spleen-folk altamente emotivo, dall'ampio respiro ed inevitabilmente invernale (almeno credo sia una sensazione di noi popoli latini, che la musica spiccatamente scandinava ci comunichi temperature rigide...), a mio avviso molto differente dai grandi connazionali Tenhi, a cui vengono accostati in pressochè ogni recensione.
In quanto meno solenne e più intimista, i Subaudition esprimono innanzitutto una debordante malinconia. Ciò che conta è che Scope sia una gemma sia per la scrittura che per gli arrangiamenti, innestati soprattutto sulle chitarre e con un uso intelligentissimo di piano ed organo. Nessuna percussione per un flusso di coscienza ammantato di emozioni cristalline (Raindrops, The blue light, No Angel, Counterwise, Godspeed le più belle). Unico difetto tangibile la voce, un po' deboluccia ed incerta; con un cantante di altra stazza questo si sarebbe chiamato capolavoro.

sabato 28 dicembre 2013

SubArachnoid Space - Endless Renovation (1998)

Molto più meditato ed ordinato del precedente Almost invisible, il 4° album dei californiani non rinunciava certamente all'ostinata attitudine di jam psichedelica ma al posto delle scorribande impazzite preferiva puntare ad uno stato di ipnosi quasi zen.
L'utilizzo di un organo quasi liturgico in Will you make my house a carnival, le movenze aeree di Safety in numbers, la navigazione circospetta di Twilight sleep, coniugavano un interplay fra gli strumenti che non superavano mai una certa soglia di prevaricazione. Persino nelle tracce più dure (Square wheels, Good grief) in cui le distorsioni non uscivano mai dai ranghi, appariva chiaro che il gruppo di Jones fosse quasi timoroso di perdere il controllo, di uscire dalle righe.
A seconda dei punti di vista, un disco poco attrattivo per gli invasati e di grande fascino per i seguaci di quella Bibbia che è Ummagumma.

venerdì 27 dicembre 2013

Strapping Fieldhands - Wattle & Daub (1996)

Dopo il geniale Discus, un secondo all'insegna di una maggiore elettricità, di un esuberanza pop frutto anche di alcune composizioni memorabili degne di ingaggiare una sfida con i contemporanei Flaming Lips.
C'è aria di festa, qui: fin dall'iniziale The author in her ear la melodia ha la meglio sul resto, pur mantenendo la trasandatezza intrinseca; abbandonate del tutto le velleità redkrayoliane presenti sul precedente (relegate ad un paio di minutini in coda alla gagliardissima Soundscapes), il complesso di Philadelphia non risentiva per niente di questa relativa normalizzazione, tutt'altro. Si ascolti la selva infuocata di Song of mourning dove o gli stordimenti di Blue Kangaroo per godere di questo indie-psych di alta qualità.

giovedì 26 dicembre 2013

Andy Stott - Luxury Problems (2012)

Techno-Dream-Dark-Trip aggiornato ai giorni nostri, carico di opacità e stordimenti paradisiaci. Questo è quanto propone il terzo disco dell'inglese Stott, ed i consensi sono stati veramente unanimi.
E ben vengano, dischi come questi, che aiutano l'elettronica a mantenersi sempre fresca e viva. Bè, forse la freschezza non è proprio quanto ispira l'ascolto di Luxury problems, che semmai sembra di vivere una seduta/sudata lunare, con questi ritmi mutanti, carichi di bassi minacciosi e rimbombanti.
Il tratto che inizialmente sembra essere più immediato è il diffuso e suadente vocalizzare femminile che quasi stride con l'ambiente (spettacolare in tal senso Lost and found) generalmente non molto incline al ballo e a tratti quasi rovinoso (Expecting), lasciando una porta aperta alla volta celeste solo alla fine, con gli echi angelici di Leaving. Ma il disco è sornione e sa riservare sempre avviluppi di grande fascino.

mercoledì 25 dicembre 2013

Mark Stewart + Maffia - Learning To Cope With Cowardice (1983)

Si potrà disquisire sul fatto che Stewart abbia dato le sue prove migliori grazie ai musicisti che lo spalleggiavano, che il suo strumento-voce di certo non sarebbe stato così peculiare sopra ad un altro suono. Ma non si può dubitare del fatto che fino a metà '80 sia stato un fenomeno portatore della bandiera della fusione fra musica nera e bianca creando mostri irripetibili.
Seppur accreditato anche al trio Maffia, Learning è all'80% di sua penna ed è immancabilmente un caposaldo di dub fantasmatico ambientato su un altro pianeta, e neanche nel sistema solare. Quasi impossibile riuscire a descriverlo, tanto è movimentato e spettacolare, col climax incredibile di Jerusalem, che catapulta l'alieno in una terra santa di samples sinfonici e cori di preghiere così, come se nulla fosse.
Geniale è dire poco.

martedì 24 dicembre 2013

Stereolab - Transient Random-Noise Bursts with Announcements (1993)

Pur sempre piacevole, l'ascolto degli Stereolab di 20 anni fa impone più di una riflessione, la primaria delle quali è che il loro suono oggi suona più invecchiato di quello dei loro numi tutelari, risalenti a 40/45 anni fa.
Ai tempi l'eccitazione principale forse era dovuta al fatto che furono fra i primissimi a recuperare in modo così eclatante Neu! e Can, Velvet Underground e francesismi vintage, principalmente dovuti alla nazionalità della cantante. 
Transient rivelava ai più un gruppo capace di fondere amabilmente tutto questo con una certa nonchalance, ma oggi non mi eccita più.

lunedì 23 dicembre 2013

Stateless - Matilda (2011)

Più o meno unanimi i cori di mezza delusione per Matilda, e immagino quanto possa essere stato ingrato agli occhi degli Stateless vedersi continuamente richiamati al primo disco ed ai colpi da ko che assestava. Al punto che quasi mi dispiace accordarmi a quel vociare, ma certe considerazioni sono inevitabili. L'ambizione del gruppo di evolversi e mischiare le carte ha finito per soffocare il grande talento melodico, rendendo il disco discontinuo e troppo altalenante.
Curtain calls apre già con un segnale: l'intro è sommessa e bellissima, ma al momento del chorus un pesante meccanismo rompe la magia e l'inciso è ruffiano oltre misura. Le contraddizioni si scontrano non stop: ad alcuni pezzi orribili come Ariel, I'm on this o Visions ne rispondono stupendi come Miles to go, Song for the outsider, I shall not complain, memori dell'esordio e con la sapienza della maturità. La freschezza sembra essere andata un po' persa, ma più che una ricerca del successo forse li ha danneggiati la voglia di non farsi bollare come epigoni dei Radiohead. Ma mi sento ottimista e mi aspetto grandi cose per il ritorno.

domenica 22 dicembre 2013

Starving Weirdos - Father Guru (2007)

Nel bel mezzo del mare magnum dell'ambient-weirdo-noise-psichedelia di questi anni i californiani Starving Weirdos non sono molto più di una goccia espansa. Nonostante le premesse allettanti, a mio avviso la metà del progetto Brian Pyle ha fatto e sta facendo meglio come Ensemble Economique.
Poi è anche vero che il duo ha cercato di rilanciarsi allargando la componente gotica del sound, cercando di prendere strade laterali e quant'altro. Father guru è quasi proverbiale a partire dal titolo: tre lunghe elucubrazioni molto differenti fra di loro ma ugualmente acide, slabbrate e molto scontrose. Si fa preferire Trancin', quella che paradossalmente è nello stile più abusato del drone-folk. Poco più che interessante.

sabato 21 dicembre 2013

Stars of the Lid - The Tired Sounds of (2001)

Più che stanchi, direi suoni evanescenti, quelli del duo texano. Mega-contemplazione di un paio d'ore talmente soffice e composta che durante la seconda ad un certo punto mi sono chiesto in quale razza di posto si trovasse la mia testa.
Nell'ambient il confine fra levitazione e rottura è molto sottile, i SOTL qui hanno fissato un punto di osservazione in cui molti altri si sono posizionati successivamente. La fonte di saggezza primaria è sempre quella dell'Eno di Airport, ma io odo anche le prime, educatissime partiture di suo fratello Roger o le arie sinfoniche di Budd, vedi la commovente Requiem for dying mothers e la neoclassica Mulholland. In ogni caso, un solco che non finisce mai, mai e poi mai, e l'abbandono è sublime....

venerdì 20 dicembre 2013

Starfuckers - Infrantumi (1997)

Dopo le implosioni dovute ai Sinistri, le frantumazioni soniche. I lunigiani alle prese con la loro opera più subliminale, implicita; un flusso che comunica prima di tutto isolamento.
Protagonista del disco la batteria di Bertacchini, onnipresente ed in primo piano, un apparente generatore di battiti random che suscita nevrosi all'ascolto. 
Attorno a questa terra bruciata Giannini e Bocci giocano alle sottrazioni più che all'algebra dell'avanguardia. Ancor più difficile del precedente nella sua folle omogeneità. Nessun prigioniero.

giovedì 19 dicembre 2013

Stare Case - Lose Today (2011)

Non ricordo dove l'ho letto, ma c'è stato qualcuno che per questo disco ha chiamato in causa il blues. Beh, è una parola un po' grossa, ma per assurdo ci può anche stare. Stare Case è un collaterale di 2/3 dei Wolf Eyes, Young & Olson, i quali posano a terra le armi bianche di distruzione di timpani, com'è giusto che sia rovesciano la situazione e si danno ad una manciata di elucubrazioni spastiche e sconnesse ma molto, molto quiete. E difficilmente inquadrabili.
Young fornisce poche, scandite ed elementari note di basso (non è un bassista e si sente) e canta sommesso, con un senso di svogliata repressione. Olson si occupa del resto che consiste in spirali di elettronica smorzata, di qualche percussione e di un clarinetto assolutamente delirante (non certo è un fiatista e si sente, ma forse sono le parti migliori).
Ci si potrebbero fare mille domande sul senso di questo esperimento, la prima delle quali è perchè? Non lo so ma in un certo senso Lose Today funziona e cattura un'attenzione da centro di igiene mentale. Lo chiamerei ignorant-garde.

mercoledì 18 dicembre 2013

Staer - Staer (2012)

Noise norvegese, che provenienza inusitata; giocoforza ne esce qualcosa di davvero peculiare da parte del trio Staer, il cui suono è definito happy metal dalla etichetta discografica.
Ed ecco una possibile nuova combinazione del noise-rock, che sembra mescolare le intricate trame dei Sightings con le arzigogolate partiture, ai limiti del jazz-core, dei connazionali Bushman's Revenge, con un suono di chitarra invidiabilmente alterato grazie anche a vagonate di octave-pitch, con una sezione ritmica che dire cingolata è poco.
Il disco è una corsa quasi da infarto, che necessita di diversi ascolti per farsi prima digerire e poi apprezzare. Pochi gli sprazzi di reale musicalità, prima con la straniante Sex Varnish (come se gli Oxes jammassero con i Drunkdriver) ed al culmine, con Dr.Life che relativizza la concitazione in uno showcase di follia del chitarrista, davvero mozzafiato.

martedì 17 dicembre 2013

St. Tropez - Icarus (1977-1978)

La Liguria fu terreno fertile per il prog, com'è noto, ma non tutti i liguri hanno avuto la stessa fama. Ciro Perrino ad esempio è uno che se l'è creata (per dire) da solo nei primi anni '90 fondando la Mellow Records, etichetta molto importante in tema di ristampe it-prog in tempi non sospetti ovvero quando il genere non era poi così tributato dalle cronache musicali.
Così facendo sono emersi una moltitudine di lavori che lo coinvolsero in diverse band durante i '70, di cui la maggior parte rimasti nei cassetti senza conoscere la luce della pubblicazione. St. Tropez è quello forse più interessante anche se si sente la disomogeneità della raccolta, l'approssimatività della produzione e della registrazione. Il retaggio era indubbiamente progressive, in larga parte strumentale e con una puntina di effetti space-rock sulla scia dei Sensation's Fix, senza averne tuttavia il talento. Spiccano un paio di ottime tracce come Nella cascata e Verdure saltate, anche se trattasi di serie minore e si era ormai fuori tempo massimo (d'altra parte di Locanda Delle Fate ne è esistita solo una).

lunedì 16 dicembre 2013

ST 37 - The invisible college (1992)

Un po' acida, come soluzione antisettica. Debutto ufficiale di questi freaks texani, probabilmente i più longevi della scena che si agitava intorno ad Austin nei primi anni '90 e che non ha decisamente lasciato capolavori di scuola, anche se sempre superiore all'omologa e contemporanea inglese.
Con le influenze wave ancora un po' intimidite nel sottofondo, ma con un impeto quasi punk in alcuni pezzi (Mob on our hands, Luxuria accelerator) che materializzava un nuovo, interessantissimo ibrido fra Hawkwind e Rocket From The Tombs (non voglio dire primi Pere Ubu perchè sarebbe arduo, anche se la voce spesso fa qualcosa per imitare David Thomas), sarebbe piuttosto soggettivo definire Invisible college il miglior disco degli ST37 ma ci andrei abbastanza vicino. Il basso onnipresente e i trip incandescenti delle chitarre restano un marchio a fuoco che compensava composizioni non fenomenali, come a dire: la psichedelia viene prima di tutto il resto.

domenica 15 dicembre 2013

Squadra Omega - Squadra Omega (2010)

Un altro modo di fare del vintage, nè pedissequo nè che sappia di stantio, citazionista ma che si fa ascoltare con gradevolezza. I 16 minuti di Murder in the mountains sono i più interessanti, paludosa escursione in territori psichedelici che non ha proprio nulla di nuovo ma incuriosisce l'assemblaggio di ritmiche e sax.
All the words you can find è una simpatica pantomima acid-wave, Ermete è fin troppo debitrice dei primi Dead Meadow, Hemen Hetan una jam schizo-blues un po' tirata per le lunghe. 
Al primo ascolto mi era piaciuto di più. Meglio il successivo Le nozze chimiche, più coraggioso.

sabato 14 dicembre 2013

Spokane - Measurement (2003)

Nella sua lenta rincorsa a sfornare quel capolavoro che è stato Little hours e prima che la vocazione di regista prendesse il sopravvento sulla musica, Rick Alverson è stato un fautore di slow-core talmente delicata da sembrare in bilico di rompersi da un secondo all'altro in un pianto liberatorio, e Measurement non è stato da meno.
Il pregio maggiore del progetto Spokane era proprio questo: saper creare atmosfere cristalline che a seconda dei gusti possono annoiare a morte o emozionare con la propria genuinità. Un po' come se i Piano Magic perdessero la loro englishness e si dessero in toto soltanto al lato intimista del loro suono, con una capacità compositiva di egual razza.

venerdì 13 dicembre 2013

SPK - Leichenschrei (1982)

A dimostrazione che in Australia non si è mai stati così fuori dal mondo, anzi. Gli SPK nacquero nel 1978 e furono un progetto di musica industriale influenzato dai Throbbing Gristle ma meno cruento, con qualche commistione gotica (vedi l'uso del basso) ed una forte propensione allo psycho-shock orrorifico: non a caso Revell, l'anima musicale, diventerà un richiesto compositore di colonne sonore negli anni 90.
Leichenschrei ha anche qualche assonanza con gli Einsturzende Neubauten, per via delle quintalate di percussioni industriali messe in scena, ma va detto che Kollaps era uscito appena un anno prima e forse sarebbe impervio dire chi era arrivato prima con un certo stile. 
Sono certo che il connazionale Foetus ai tempi abbia strizzato l'occhiolino e abbia ostentato soddisfazione.

giovedì 12 dicembre 2013

Laurie Spiegel - The Expanding Universe (1980)

Ristampato l'anno scorso per la prima volta dopo 32 anni, The expanding universe è un piccolo cult della musica elettronica in quanto la chicagoana Spiegel, musicista con un retroterra folk, fu una delle prime performers ad applicare il minimalismo al computer digitale. Incuriosisce, pertanto, l'ascolto del flusso dronico della title-track che si prolunga per 22 minuti con mutazioni quasi impercettibili: un po' tedioso sulla lunga distanza ma è significativo di quanto sia influente su una marea di acts del sottoterra americano attuale (zona Digitalis e dintorni)
Meglio le 3 tracce che lo precedono, segnate da una briosa elettronica cosmica debitrice oltremodo dei tedeschi di qualche anno prima ma con un piglio minimalista che lo rende abbastanza interessante. Non certo una pietra miliare, gradevole e nulla più.

mercoledì 11 dicembre 2013

Alexander Skip Spence - All My life + After Gene Autry 7"

Per chi ha consumato Oar al punto di conoscerlo quasi a memoria e per chi non trova tanto esaltanti i Moby Grape, un paio di singoletti postumi editi dalla newyorkese Sundazed, specializzata in operazioni di archeologia di questa fattezza.
Il primo è datato 2000, giusto pochi mesi dopo la morte di Skip. All my life fu registrata nel 1972, quando ormai la sua pazzia era più che una diagnosi, ma è la canzone più banalmente rock che abbia mai scritto. Sul retro Land of the sun, del 1996, commissionatagli per la colonna sonora del film X-Files ma mai utilizzata: una modernizzazione controllata di Grey Afro, ma si sente che il leone è in gabbia.
Nel 2009 invece sono comparsi questi 2 demo registrati nel 1968, di maggior interesse: After gene autry è un simpatico vaudeville di cui Skip durante l'esecuzione dimentica il testo e se la ride sonoramente. Motorcycle Irene invece è riconoscibile come la più interessante del lotto, uno perchè è decisamente bella e due perchè nel finale Spence imita il suono della motocicletta Irene, e l'ilarità scatta inevitabile.

martedì 10 dicembre 2013

Frankie Sparo - Welcome crummy mistics (2003)

Ma che fine ha fatto Chad Jones? Un vero peccato che questo talentuosissimo songwriter si sia dato alla macchia, dopo due splendidi album a inizio decennio scorso su Constellation. Se il primo denotava un interessante interpretazione della folktronica, con Welcome si fece spalleggiare dai Silver Mt. Zion dando una profondità cameristica al suo songwriting sempre più drammatico e pregno di lirismo.
Pezzi come My sistr, Hospitalville, Sleds to moderne, Bright angel park e soprattutto la miracolosa City as might have been elevavano l'arte del cantautore a livelli di magnificenza. Un arte umile, melanconica, in grado di far vibrare le corde emotive più recondite. Un influenza possibile per il nostro Samuel Katarro, e  non soltanto per la decisione di coprire il proprio nome.
Splendido.

lunedì 9 dicembre 2013

Spam & Sound Ensemble - Spam & Sound Ensemble (2013)

Progetto giustamente presentato come qualcosa di originale per i giorni nostri, un po' perchè coinvolgere Succi equivale sempre ad avere quel quid in più di sostanza artistica. L'idea è del produttore Rossi che ha concettualizzato il non-luogo e musicato il tutto, Succi ha creato i testi (si scrive partendo da delle mail spam), suonato e cantato, Dorella ha completato il quadro. In partenza, molto interessante, insomma.
Musicalmente il disco fagocita più o meno qualsiasi cosa in ambito elettronico, ma anche industriale, funky, soul, Suicide. Un po' troppo. E' di un eterogeneità che fa spavento, e non so se l'intenzione di Rossi fosse quella di disorientare, ma ci riesce benissimo. Dal canto suo Succi ci mette il ventaglio di recitazione, i soliti interessantissimi testi e qualche pezzo che si potrebbe additare al repertorio Bachi Da Pietra (Esitando, Nel basso, T.E.D.O.S.B.). 
Missione compiuta, per quanto il disco sembra curato e confezionato. Può piacere e non piacere.

domenica 8 dicembre 2013

Sound - In the hothouse (1985)

In epoca new-wave, la pubblicazione di un live poteva equivalere alla definitiva consacrazione, magari non necessariamente commerciale ma quantomeno di reputazione ed importanza. Nel caso degli sfortunati Sound invece, rappresentò il canto del cigno di una carriera più che dignitosa, che forse non ha partorito un capolavoro degno di essere citato fra le pietre miliari del genere ma ha soltanto generato una manciata di buoni album intrisi di energia e visceralità.
Quando fu registrato In the hothouse avevano già di fatto rinunciato al successo lasciandosi alle spalle l'esperienza major ma paradossalmente con Shock of Daylight e Heads and hearts, pubblicati l'anno precedente, avevano raggiunto una perfezione melodica col songwriting di Borland sempre più raffinato.
La scaletta del live pesca in maniera equilibrata dal repertorio; sulla scelta dei pezzi come sempre si tratta di soggettività, per quanto mi riguarda ci sono Sense of purpose, Missiles, Under you e Total recall a viaggiare sopra la media.

sabato 7 dicembre 2013

Giuliano Sorgini - Elettroformule (1969)

Compositore di colonne sonore specializzato in b-movies anni '70, uno dei tanti mossisi all'ombra di Morricone e per questo un po' rammaricato con la jella come dichiarò in un intervista qualche anno fa. Ed anche per lui un colpaccio con la Leo Records in tempi non sospetti (1969 potrebbe essere l'anno giusto, anche se col beneficio del dubbio), con questa breve sonorizzazione di stampo fantascientifico molto priva di compromessi. Elettro-acustica stordente e spiazzante, qualche punto in comune con Zanagoria c'è (oltre al fatto che entrambi sono stati ristampati su cd-r dalla Creel Pone), anche se qui l'impeto a volte sembra sfociare in una simpatica naivetè, soprattutto per i pezzi improntati su organo.
Sempre di musica di servizio si tratta, ma che coraggio....


venerdì 6 dicembre 2013

Sophia - There are no goodbyes (2009)

E' rimasto l'ultimo disco di Robin, e fa pensare, perchè non è mai stato così tanto tempo senza fare un disco: i tour si susseguono l'uno dietro l'altro e con la mezza età che si avvicina, forse Robin è in crisi di ispirazione. So di essere ingeneroso perchè non perdòno le cadute e i declini dei miei beniamini, perchè il senso di perdita col passare degli anni si fa un po' più doloroso ed è un concetto che si trasla perfettamente anche nella musica.
Chiusa la filosofia spicciola, c'è da dire che People are like seasons è rimasto l'ultimo disco bello (bellissimo) di Robin, dopodichè Technology e Goodbyes sono stati capitoli abbastanza sbiaditi, moscetti, in cui ha stancamente ripreso i canovacci di una vita, senza azzeccare una melodia epocale delle sue come, che ne so, The sea, I left you, Ship in the sand o Bastard o tante altre. C'è da dire che Robin ha finito per assomigliare pericolosamente ad un altro nobile decaduto come Malcolm Middleton, facendosi sempre più orecchiabile.
Dai Robin, ripigliati e tira fuori qualcosa di meglio, la prossima volta.

giovedì 5 dicembre 2013

Sonic Youth & Jim O'Rourke - Invito Al Cielo (1998)

A fine nineties, potendo ormai fare tutto ciò che a loro pareva, i SY aprirono una loro etichetta dedita a pubblicazioni parallele alla discografia major, e peraltro molto duratura in quanto l'ultima è datata 2011, di fatto anno di morte del gruppo. Pubblicazioni quasi sempre molto sperimentali, con il vezzo di essere intitolate ogni volta in un linguaggio diverso; nell'occasione del 3° volume incrociarono per la prima volta Jim O'Rourke, che pochi anni dopo sarebbe diventato membro aggiunto della combriccola.
Il problema dei SY adulti, secondo me, stava essenzialmente nell'aver perso l'eversività e la carica agonistica dei primi anni: ma trovatosi ormai nella spirale del successo, si trasformarono in musicisti professionali pur non essendoli dentro. Se dovessi indicare una band simbolo di lampante perdita artistica post-major (attenzione, non di svendita), per me i SY sarebbero gli indiziati maggiori.
Ora, sul versante sperimentale non so se le cose sono andate meglio perchè non ho ascoltato un granchè; Invito al cielo è un guazzabuglio di impro-noise che paragonerei in questo modo: sta ai SY come Arc stava a Neil Young, ovvero una raccolta degli stordimenti (principalmente farina del sacco di Ranaldo, direi) che appaiono in qua e in là nelle loro canzoni, amplificato e allungato oltremisura.
Ricordo di aver sentito cose molto migliori, in questo genere, sia prima che dopo.

mercoledì 4 dicembre 2013

Songs Ohia - Didn't It Rain (2002)

Un pensiero gentile per il buon Jason Molina che è venuto a mancare qualche mese a causa delle conseguenze di abuso d'alcool, nonostante si fosse ritirato da tempo in una comunità per disintossicarsi. Diciamo la verità, a posteriori non è che sia stato un personaggio memorabile nel panorama dei neo-cantautori rurali americani: figura di seconda fascia, che intorno al 2000 sfruttava le rinnovate onde di attenzione per le musiche acustiche per trovare un po' di visibilità anche grazie alla Secretly Canadian che lo manteneva fedelmente a catalogo.
Dopo i suoi migliori dischi Ghost Tropic e The Lioness, però, ripiegava sul classicismo stretto e potava alle radici qualsiasi ingerenza esterna che non riguardasse un cantautorato fin troppo asciutto e neilyounghiano. E anche un po' stancante come Didn't it rain, che contiene qualche buona melodia ma che ha il difetto enorme di non subire nessuna variazione all'interno di ogni singolo brano: lo schema è sempre quello e lo sbadiglio è garantito. Peccato.
Riposi in pace.

martedì 3 dicembre 2013

Solo Andata - Ritual (2010)

Se l'ambient è un pozzo senza fondo, allora è pienamente legittimo che sbuchi dall'altra parte del pianeta, in Oceania dove risiede il duo Solo Andata. E dopo aver attraversato certi meandri è legittimo anche che si faccia scura, molto scura.
Non c'è più molto da inventare nella dark-ambient, si dirà, e quindi? Quindi Ritual assume, come da nome, i connotati di una cerimonia che si direbbe pagana, in cui i suoni concreti sono uno strumento cardine della struttura; fra lo sciame incessante di Aggregate, la lugubre galassia di Carving e l'escursione polare di Myrmecia svettano i 20 minuti di Incantare; uno sprazzo di luce si apre e il brancolare dei due diventa più consapevole, aereo. Per l'appunto, incantevole.

lunedì 2 dicembre 2013

Soft Machine - Live At The Paradiso 1969


Come si sovviene ad ogni leggenda, le anomalie a volte sono così grandi che nemmeno uno se ne accorge. Per anni questo è stato un oggetto dei miei desideri, salvo poi scoprirlo soltanto in epoca di filesharing e restarne sinceramente non troppo contento: ma come, i SM che fanno Vol. 2 dal vivo, peraltro al leggendario Paradiso di Amsterdam, e l'odiato Ratledge non fa altro che suonare il suo organo fuzzato snaturando le numerose parti di piano? Dove lo vogliamo mettere?
Ora, smaltita da anni questa delusione, lo affronto con una consapevolezza diversa e mi appare per ciò che è, ovvero una grande prestazione da parte di uno dei power-trio più precari e allo stesso tempo mitologici della storia inglese. Senza piano e  senza fiati, un live crudo e molto fisico che stempera anche le dolcezze infinite di Dada was here e Thank you pierrot lunaire, che trova la sua migliore dimensione nelle palestre virtuose di Fire engine, Hibou anemone and bear e soprattutto in Pig.
E' un live che non mi fa venire voglia di cercare bootlegs analoghi, ma che oggi rivaluto. Poi è chiaro che una roba come Noisette è sempre inarrivabile, ma era un'altra formazione.

domenica 1 dicembre 2013

Sneaker Pimps - Splinter (1999)

Coraggio da vendere, quello in dote a Howe e Corner i fondatori di SP: dopo il relativo successo commerciale di Becoming X, cacciarono la suadente vocalist ed attenuarono drasticamente l'impatto danzereccio delle ritmiche, quello elettronico negli arrangiamenti in favore di uno spleen-pop di ottima qualità. In due parole, un sostanzioso anticipo di quanto fecero gli Stateless ben 8 anni dopo, e perchè negarlo? Suona anche un po' radioheadiano, nelle pieghe più emotive di bellissimi pezzi semi-acustici come Splinter, Empathy, Lightning field. Ma il meglio lo davano ancora quando il passo si faceva trip-hop, i samples si facevano nebbiosi ed uscivano gemme come Half life, Flowers of silence, Cute sushi lunches
Attenzione. ho scritto bene: radioheadiani un anno prima di Kid A.