Un po' acida, come soluzione antisettica. Debutto ufficiale di questi freaks texani, probabilmente i più longevi della scena che si agitava intorno ad Austin nei primi anni '90 e che non ha decisamente lasciato capolavori di scuola, anche se sempre superiore all'omologa e contemporanea inglese.
Con le influenze wave ancora un po' intimidite nel sottofondo, ma con un impeto quasi punk in alcuni pezzi (Mob on our hands, Luxuria accelerator) che materializzava un nuovo, interessantissimo ibrido fra Hawkwind e Rocket From The Tombs (non voglio dire primi Pere Ubu perchè sarebbe arduo, anche se la voce spesso fa qualcosa per imitare David Thomas), sarebbe piuttosto soggettivo definire Invisible college il miglior disco degli ST37 ma ci andrei abbastanza vicino. Il basso onnipresente e i trip incandescenti delle chitarre restano un marchio a fuoco che compensava composizioni non fenomenali, come a dire: la psichedelia viene prima di tutto il resto.
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