venerdì 11 gennaio 2013

Jodis - Secret House (2009)

Come lasciato intendere sul suo sito all'atto dell'annuncio, Plotkin decretò la fine dei Khanate a causa dell'inaffidabilità di Dubin e di O'Malley. Ma la grande ispirazione che li aveva generati era ancora attiva, e così con Wyskida ha varato il progetto Jodis integrando Turner, il frontman degli Isis all'orlo dello scioglimento.
Jodis prosegue con abnegazione la ricerca ritmica dell'ultra-doom originale ma la spoglia di ogni pesantezza e ne costituisce una versione mistica. Grande sorpresa, al primo ascolto. Grande piacere, dopo decine e decine di ascolti. Un'altro capolavoro.
Il silenzio e i riverberi ora hanno un accezione quasi celestiale. Nei primi due titoli, Ascent e Continents, Turner esordisce con un tono da canto gregoriano che conferisce la levitazione mirata. Plotkin fornisce note parche e rarefatte di chitarra appena appena increspata, Wyskida se ne sta a tramare nel sottofondo, emergendo con rullate primordiali proprio quando uno penserebbe che non prende parte alla seduta.
E' un'ultra-slow-core riflessivo-esistenziale quello di Follow the dogs, che sublima verso altre stratosfere con Little beast, Waning e si polverizza sul drone agitato del finale di Slivers.
Unica eccezione, la title track che fa salire i toni e vede Turner al growl controllato. A pensarci bene, Jodis non ha molto a che vedere con Khanate a parte le (non)ritmiche. E' un entità che, mentre la si suona, sembra far levitare la stanza. Un grandissimo proseguio, come peraltro confermato dalla recente replica di Black Curtain.

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