martedì 7 gennaio 2014

Supersilent - 6 (2003)

Che noia, che barba, sembrano esprimere i Supersilent su quel divano. Forse soltanto il tipo seduto sulla sedia sembra un filo incline alla comunicazione.
E come se non bastasse, questi loschi figuri norvegesi nerovestiti si sono resi responsabili di una delle operazioni più concettuali degli ultimi 20 anni: non avere alcun concetto. Sarà stato per pigrizia, o per voglia di suonare e nient'altro, per antipatia verso la stampa; comunque sia, i Supersilent per me sono una grande incompiuta. Non è certo per la questione dei titoli, anzi. Che la loro musica sia ambient, o jazz, o avanguardia, o progressive, la personalità per fare sfracelli ce l'hanno sempre avuta ma non ci hanno mai dato fino in fondo nell'organizzare meglio le cose.
In ogni loro lavoro ci sono parti di assoluto splendore, di maestosa imponenza, e da un momento all'altro....si piomba nella noia, nell'autoindulgenza fine a sè stessa. Così succede anche in 6, che annota splendide elucubrazioni come nella finale 6.6, eterea fino al raggiungimento dell'estasi grazie anche al canto fonetico (non so perchè ma mi ha ricordato i migliori Magma), il passo esplorativo della cartolina da equatore 6.2 (magnifica la tromba), i drones piramidali di tastiere in 6.5, che raggiungono un climax ragguardevole.
Così bisogna accontentarsi e sbadigliare un po', a tratti, lungo il disco. Questa è impro pura, c'è poco da fare.

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