Il marchio incandescente della batteria di Kevin Shea rende speciale tutti i progetti in cui mette mani e piedi, c'è niente da fare. Nel caso di Talibam!, che ormai è diventato il più duraturo, si maneggia materiale molto infiammabile, una specie di free-cyber-jazz architettato in combutta col tastierista Matt Mottel, anch'egli non meno pazzoide.
Ciò che traspare dall'ascolto di Ordination, oltre ad un senso di anarchia generalmente controllata, è un approccio quanto mai ironico, che a tratti sfocia nel demenziale (i coretti di Rambo's passeggiata, il country alieno di Lunch break at naan), che dispensa spunti di delirio continuo: Mottel è una fucina inesauribile di shock sonici ed effettistici (New burnt century il climax, ma anche la parentesi allucinata di A petroglyphic massacre fa davvero impressione), Shea sa regalare sorprese persino quando tiene un ritmo vagamente umano (le due tracce demenziali sopra citate), i fiati degli ospiti completano il quadro schizofrenico in una parola: indefinibile.
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