Parte con un cingolato stoner-doom alla Melvins, e il sospetto di aver frainteso la recensione di turno mi assale. Ma già dal secondo pezzo inizia il folle deragliamento di questo trio norvegese che si inerpica in astrusi teoremi jazz-math-noise di grande difficoltà d'ascolto.
Assurdi ed inafferrabili, i musicisti si danno gli appuntamenti di tanto in tanto per un break, un riff comune o per gli stop. La stragrande parte del tempo sono assolutamente tutti e tre in assolo, ma non direi che sono dei narcisi vanitosi vogliosi di mettere in mostra le loro doti tecniche. Lo scopo è quello di creare un caos psicotico specialmente grazie al chitarrista, indemoniato oltre misura. Il manifesto è No sleep til Hammerfest, nove minuti in cui una stentorea frase in tempo dispari funge da apertura e chiusura al festival di piroette e salti carpiati nel vuoto (fra l'altro mi pare di udire un contrabbasso al posto dell'elettrico). In tale direzione eccellono anche Bølehøgda Rock City, Ginsberg e King of hello, mentre a metà disco circa c'è una placidissima pausa con Ghostwriters in the sky: se la strumentazione fosse un po' più ricca e stravagante direi di trovarmi di fronte ad un outtake dei primi Tortoise.
La chiusura di Champagne for my real firends è il pezzo meno ostico, con un rifferama squisitamente hendrixiano. Ma non fa molto testo, perchè i BR restano i folli scatenati alfieri del free-math jazzato e pirotecnico.
Assurdi ed inafferrabili, i musicisti si danno gli appuntamenti di tanto in tanto per un break, un riff comune o per gli stop. La stragrande parte del tempo sono assolutamente tutti e tre in assolo, ma non direi che sono dei narcisi vanitosi vogliosi di mettere in mostra le loro doti tecniche. Lo scopo è quello di creare un caos psicotico specialmente grazie al chitarrista, indemoniato oltre misura. Il manifesto è No sleep til Hammerfest, nove minuti in cui una stentorea frase in tempo dispari funge da apertura e chiusura al festival di piroette e salti carpiati nel vuoto (fra l'altro mi pare di udire un contrabbasso al posto dell'elettrico). In tale direzione eccellono anche Bølehøgda Rock City, Ginsberg e King of hello, mentre a metà disco circa c'è una placidissima pausa con Ghostwriters in the sky: se la strumentazione fosse un po' più ricca e stravagante direi di trovarmi di fronte ad un outtake dei primi Tortoise.
La chiusura di Champagne for my real firends è il pezzo meno ostico, con un rifferama squisitamente hendrixiano. Ma non fa molto testo, perchè i BR restano i folli scatenati alfieri del free-math jazzato e pirotecnico.
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