Diciamo la verità, c'è bisogno di un ritorno dei canadesi. Non che il ritorno al palco di quest'anno significhi necessariamente una capatina in studio, ma sarebbe bello. Ci sono stati numerosi tentativi di imitazione da quando, 7 anni fa, annunciavano uno stop, e ora potrebbe essere un ottimo momento per tornare a fare la voce grossa.
Di certo sono stati unici, e primi; nei 90 ci furono i Rachel's che senz'altro aprirono una via traversa alla musica da camera, ma restò abbastanza formale e non si sviluppò oltre una certa auto-referenzialità e freddezza. I GYBE invece hanno preso gli archi e le chitarre e ci hanno emozionato come pochi altri. Yanqui Uxo, loro ultimo prodotto, è il mio preferito. E' un lavoro più meditato dei precedenti; ci sono le accelerazioni, le pause e gli scossoni decisivi, ma mancano quelle esplosioni fragorosissime che li avevano fatti decollare verso forme rumoristiche di grande suggestione.
Qui ci sono 5 grandi escursioni, 5 soluzioni psico-drammatiche, 5 cinematicismi di enorme respiro. Il disorientamento sinfonico di 09-15-00, si divide fra la prima parte, escalation da brividi in stile, e la seconda, soffusa aria pastorale. I 20 minuti di Rockets fall on Rocket falls e i 30 in due parti di Motherfucker = redeemer sono ascensioni epiche che potrebbero andare avanti all'infinito: se esiste un concetto di progressive moderno, i canadesi qui lo sintetizzano alla grande.
Venite avanti, è l'ora del varco.