Il milionesimo gruppo revivalista del post-punk, come se il mondo ne avesse ancora bisogno. Un po' fuori tempo massimo, ma come ho già scritto per altre bands non importa più di tanto: contano spirito e personalità e le londinesi Savages sembrano difettare di entrambi.
L'aspetto più preponderante è costituito dalla cantante, che sembra una versione maschile di Siouxsie, sempre sull'orlo della crisi nevrotica e con quelle tipiche, sottili stonature. Il trio alle sue spalle si muove baldanzoso campionando più o meno qualsiasi cosa di fragoroso sia stato fatto nei primi anni '80, dai Bauhaus ai Gun Club, persino un paio di pseudo-parodie di Nick Cave con Waiting for a sign e Marshal Dear, che paradossalmente finiscono per essere i migliori pezzi del lotto, in contrasto alle martellanti (e monotone) maggioranze.
Erano molto meglio le Organ.
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