Li vidi ancor prima di ascoltarli, 4 anni fa, di supporto ai Pontiak al Bronson e li trovai noiosi e scontati. La croce sopra era scontata per non dire una sicurezza, se non che qualche mese fa SIB ne ha descritto le gesta con toni a dir poco entusiastici in un intero (!) servizio dedicato.
Così ho dato loro un altra chance, ed ecco qui il loro disco da 9 in pagella e quant'è bello il mondo della musica che ti stupisce sempre per come ogni testa, anche quella più navigata ed esperta, ragioni a modo proprio ed inaspettato.
Il disco inizia molto bene con l'uragano psycho-stoner The condition of nothing, seguito da Movement con uno strano incedere krauto-industriale di chitarrismi percussivi e dagli 11 minuti di No other way, un lento caleidoscopio molto evocativo per quanto robusto. A partire dal motorik interminabile di Paradise iniziano i problemi, ed anche grossi purtroppo: il citazionismo fuori tempo massimo di Hawkwind e Monster Magnet, le inconcludenti fasi lunari ed elettroniche, le tempeste magnetiche innocue per la loro scontatezza, fino ai 17 minuti della title-track che toglie ogni filo di speranza (e di vita) con i suoi tamarrissimi assoli di chitarra, me li fa bocciare per una seconda (e definitiva, direi) volta. Vade retro.
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