Ho un brutto ricordo riguardo ai Wire dei tardi anni '80: uno dei primi cd che acquistai in assoluto, allettato dal prezzo stracciato, fu Manscape che è universalmente riconosciuto come il più brutto che abbiano mai fatto. Non la pensai diversamente dal resto del mondo ed inorridito accantonai l'istituzione fino a quando scoprii, tempo dopo, i primi lavori.
Analizzando A bell is a cup, vien da pensare che dopotutto i Wire di quegli anni non erano poi così male, almeno dal punto di vista melodico. Perchè è quello che emerge brillantemente, a dispetto di una produzione tipicamente ottantiana, levigata e patinata; senza eccedere nè con l'elettronica nè con le ruffianerie Newman & co. componevano in collettivo e rinunciavano alla sperimentazione, con ottimi risultati; il pezzo di apertura, Silk skin paws, è uno dei più belli in assoluto mai realizzati, forte di una melodia ariosa col sentore drammatico che ha scandito i loro momenti migliori. Brillano parecchio anche Free falling divisions, It's a boy, Follow the locusts e persino il singolone accattivante Kidney bingos. Nel finale l'asso nella manica della situazione, con la stranita A public place che getta un ponte diretto con 154.
Eccellenti anche le bonus tracks dell'edizione in cd: la gelida danza di Pieta, il live sulfureo di Over theirs e quello martellante di Drill, il manifesto della loro (presunta) rinascita.
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