Nel 1999 STLJ, promettente quartetto chicagoano di post-hardcore, viene mandato dalla Southern in Europa a promuovere il 2° disco, Tomorrow we will run faster. Giunti in Italia, vengono accolti da un tour manager che, vedendoli suonare per la prima volta, si lascia scappare l'epiteto che diventerà il titolo del disco successivo, peraltro il miglior capitolo della loro relativamente breve carriera.
Ed in effetti erano un ottimo gruppo, che generava strane associazioni: le travolgenti radici hardcore combinate con le sghembe movenze ritmiche math, il sassofono del cantante Sostak a seminare scompiglio, le intricate trame del chitarrista Daly, sparse tracce di post-Louisville, qualche esperimento di studio e Sto Cazzo! trovava la sintesi migliore per un sound scuro, denso e ricco di sorprese.
La fragorosa, muscolare apertura di The fine wrinkles è già un festival di schitarrate urticanti, starnazzate deliranti, basso e batteria albiniani. Il bizzarro esperimento di That than which, per nastri manipolati, prepara la folle corsa dell'irresistibile Walking Home on the Emergency Bed, sfaccettata e cerebrale per quanto fisicamente possente, proseguita alla grande con Bloodlines, di cui in rete esiste un video live esilarante in cui quel folle di Daly sale armato di chitarra sulla cassa-testata, apre un pannello del controsoffitto del locale, lo ispeziona suonando per un po' e poi s'illude di poter salire su di esso, cadendo rovinosamente a terra...
Columbus day è la loro escursione in territori louisvilliani, estatica e minimale ballad con tanto di parentesi violoncellistica, che si risveglia soltanto nel finale con una fuga classica. Stesso modello ancor più rimarcato nella finale The blizzard of 1999, ricca di stop and go, vuoti e clangori. Se non fossimo impelagati con l'hardcore, si potrebbe persino parlare di vago sentore di progressive.
Il disco successivo non replicherà questi alti livelli, nè avrà un titolo italico....
Ed in effetti erano un ottimo gruppo, che generava strane associazioni: le travolgenti radici hardcore combinate con le sghembe movenze ritmiche math, il sassofono del cantante Sostak a seminare scompiglio, le intricate trame del chitarrista Daly, sparse tracce di post-Louisville, qualche esperimento di studio e Sto Cazzo! trovava la sintesi migliore per un sound scuro, denso e ricco di sorprese.
La fragorosa, muscolare apertura di The fine wrinkles è già un festival di schitarrate urticanti, starnazzate deliranti, basso e batteria albiniani. Il bizzarro esperimento di That than which, per nastri manipolati, prepara la folle corsa dell'irresistibile Walking Home on the Emergency Bed, sfaccettata e cerebrale per quanto fisicamente possente, proseguita alla grande con Bloodlines, di cui in rete esiste un video live esilarante in cui quel folle di Daly sale armato di chitarra sulla cassa-testata, apre un pannello del controsoffitto del locale, lo ispeziona suonando per un po' e poi s'illude di poter salire su di esso, cadendo rovinosamente a terra...
Columbus day è la loro escursione in territori louisvilliani, estatica e minimale ballad con tanto di parentesi violoncellistica, che si risveglia soltanto nel finale con una fuga classica. Stesso modello ancor più rimarcato nella finale The blizzard of 1999, ricca di stop and go, vuoti e clangori. Se non fossimo impelagati con l'hardcore, si potrebbe persino parlare di vago sentore di progressive.
Il disco successivo non replicherà questi alti livelli, nè avrà un titolo italico....
Tour manager romano, suppongo
RispondiEliminaBè, non è detto, dai. Nell'intervista si fa riferimento a "that italian guy" generico, che beveva whiskey e declamava sto cazzo! anche quando vedeva l'alba....
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