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Questi, però, cercano anche di svariare un pochetto nell'EP con cui hanno debuttato un paio d'anni fa. Dopo un intro atmosferica di un minuto e mezzo, parte Break the horizon e mi chiedo per quale motivo qualche utente del mio tracker di fiducia li abbia messi nel similar-artist-tree degli Explosions. Trattasi infatti di un roccioso pezzo di indie-emo, simile a certe cose dei primi Appleseed Cast, o di altri gruppi post-hardcore di grossomodo una decina d'anni fa che raffinavano e limavano la scorza originaria.
Comunque, per fortuna è un isola e gli altri due lunghi pezzi che compongono l'EP ristabiliscono il parallelo, pur con le dovute differenze. Patient is the sea è fortemente imparentata con i primi Mogwai, ma nel corso si intravede qualche curiosa scheggia Isis, mentre è la title track di 17 minuti a rendersi protagonista in ogni senso. Una partenza in pieno slow-core, progressione fragorosa, break ipnotico di chitarre, finale apocalittico. Abbastanza riuscita come suite, ma sarà interessante sentirli alla prossima puntata: se riuscissero ad eliminare le scorie hardcore che si portano dietro come delle zavorre, potrebbero fare buone cose.
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