lunedì 25 luglio 2011

Thule - 321 Normal 2 (1992)

Da non confondere con l'omonima band progressive norvegese, gli inglesi Thule ebbero una vita piuttosto breve a cavallo fra '80 e '90. Sono affettivamente legato a questo disco perchè fu uno dei primi cd che comprai in assoluto; non ricordo se il negozio era il ligure Vinyl Magic o il romano Just Like Heaven, ma gli ordini per corrispondenza richiedevano un minimo di 2 pezzi e mi ritrovai a scegliere 321 Normal 2 dal numero corrente di Rockerilla in virtù della solita, immagignifica review del visionario Costamagna (quello che mi consigliò i God Machine, e ho detto tutto).
In seguito si sciolsero e cercare di ascoltare gli altri 3 dischi realizzati in precedenza appare un impresa impossibile, dato che in rete sono introvabili. La band proponeva un miscuglio ardito di elettronica e wave futuristica con qualche spruzzata di dub e ambient, con ottimi risultati. In gran parte strumentale, il suono dei Thule viveva di spunti effervescenti ed imprevedibili che assimilavano influenze nobili, primi fra tutti i Kraftwerk e i Chrome. Il pezzo d'apertura, While it lasts, presenta ondate di synth mutuate proprio dai tedeschi, ma beneficia di aperture chitarristiche di ampio respiro come nell'ottima Let it ring, con giro di basso dubbeggiante. I giri stentorei di Idiomatic e 4-5 of 5-8 of F.a. hanno la marzialità tipica di Hutter & Schneider, ma la germanizzazione del disco finisce qui; una metà abbondante è fortemente chitarristica, seppur molto compatta e per nulla freak, e che ricorda per l'appunto i Chrome del 1980-82, quelli meno devianti. L'angosciante Dynamo affoga in un mare di distorsioni apocalittiche, ma spiccano ancor più i cyber-wave di Murderball e Kings English, e la cingolata Three-legged race, dagli scarti ritmici imprevedibili. Dopo lo straniante electro-surf di Split, si conclude con un paio di numeri ambientali, l'evocativo chitarrismo di We is you am e la trasfigurante Skyscraper.Ovvio che avrebbero meritato di più.

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