domenica 31 luglio 2011

Mermen – Songs of the cows (1996)


(scritto da G.C.)
I Mermen, guidati dal grande chitarrista Jim Thomas, sono un trio di San Francisco che propone pezzi strumentali largamente derivati dalla surf music a cavallo tra Cinquanta e Sessanta.
Dick Dale (la cui Misirlou fu messa nuovamente in voga da Pulp fiction), Duane Eddy e, soprattutto, il sottovalutato Link Wray, sono alla base delle loro scorribande elettriche sporcate, tuttavia, da una vena pessimistica propria dei tempi attuali.
La surf music americana era, probabilmente, la concrezione sonora di un’epoca felice e priva di dubbi (in Italia il corrispettivo sono le canzoni dei musicarelli), in cui la nazione, la parte anglosassone bianca almeno, uscita ideologicamente ed economicamente rafforzata da una guerra mondiale vittoriosa, ritrovava la propria salute e forza; proprio la messa in dubbio di tali convinzioni, con le prime sollevazioni delle Università e delle minoranze, minò le radici ideologiche e il candore di questa età dell’oro e del movimento surf. Pet sounds dei Beach Boys segnò, simbolicamente e musicalmente, l’inizio della fine; il lentissimo degenerare della speranza di Un mercoledì da leoni di Milius (ambientato fra il 1962 ed il 1974) fu, invece, sotto le vesti di un facile romanzo di formazione, la presa d’atto cinematografica e la ratifica del dileguarsi del vero ed unico sogno americano (l’unico mai realizzato peraltro).
In questo EP falsamente improvvisato i Mermen raccolgono, quindi, con l’eccezione di un pezzo (l’iniziale Curve), l’eredità di quella musica ormai sconfitta nelle proprie credenze intime e la rappresentano conseguentemente con toni esagitati e distorti; è possibile rintracciare qua e là il puro tessuto originario (Meandher, Varykino show), ma le galoppate di Thomas, ormai prive di innocenza, sono inevitabilmente acide e furiose. Brainwash (Rumination) riecheggia il Neil Young della colonna sonora Dead man; A heart with paper walls evoca gli assolati paesaggi marini della California, ma in tono nostalgico e desolato, come relitti di un tempo irrecuperabile.
La meditazione della scomparsa di un pezzo di cultura popolare perviene indirettamente al rendiconto della fine dell'impero americano.

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