sabato 30 aprile 2022

Magma – 1001° Centigrades (1971)


Prima dell'iconica fase di Mekanik e Kohntarkosz, i Magma erano ancora un collettivo, nel senso che Vander non ne era l'unico compositore. Il doppio d'esordio del 1970, in prospettiva, era un po' acerbo, mentre su 1001° Centigrades la penso diversamente rispetto alle mie fonti critiche preferite. Il lato A occupato da Rïah Sahïltaahk, avventurosa suite di Vander, un salto nell'ignoto kobaiano, presagio di sceneggiate e cataclismi futuri, meravigliosamente orchestrata. Sul lato B; "Iss" Lanseï Doïa del pianista Cahen e Ki Ïahl Ö Lïahk del sassofonista Lasry, due fondatori del gruppo destinati di lì a poco ad abbandonare e lasciare il campo al dispotico batterista, almeno fino a quando salirà sull'astronave Jannik Top. Si tratta di due fascinosi ed articolati pezzi di jazz-rock con qualche reminescenza Soft Machine e la particolarità della presenza inquietante di Klaus Blasquiz, un tratteggio sicuramente inedito per il genere di allora. E' un disco all'ombra del futuro, ma superiore al predecessore.

giovedì 28 aprile 2022

Jonny Greenwood ‎– Bodysong (2003)


Il primo passo solista di JG, colonna sonora dell'omonimo documentario, contrassegnato da una sostanziale smania di strafare. Si era in un periodo delicato della storia dei Radiohead; terminato il contratto con la EMI, davanti a loro le incognite conseguenti all'autogestione dell'azienda, una probabile stasi creativa generale (che difatti sboccherà nella stanchezza di In Rainbows), tante cose. Il buon Jonny colse l'occasione per dimostrare al mondo le proprie velleità autoriali, dal momento che si intuiva fosse l'artefice di tante trovate stravaganti nei capitoli più creativi della saga. Bodysong strafà nel senso che è un esuberante catalogo di neo-classica, ambient, elettronica, free-jazz-rock, tante cose.  Gli si può concedere la frammentarietà in virtù della natura sonorizzante; va ascoltato quasi come se fosse una compilation di artisti mediamente abbastanza talentuosi.

martedì 26 aprile 2022

Screams From The List #107 - John Greaves / Peter Blegvad / Lisa Herman ‎– Kew. Rhone. (1977)

Destino curioso e beffardo per questo disco realizzato da due reduci di esperienze importanti in Inghilterra; il tastierista Greaves ed il chitarrista Blegvad, di Henry Cow fama, realizzarono Kew. Rhone. che ironia della sorte si ritrovò ad essere pubblicato per la stessa etichetta (la Virgin) e nello stesso giorno di Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols. Probabilmente la tempistica non era quella giusta, ma d'altra parte i due, che si avvalsero fra gli altri della cantante Lisa Herman, avevano lavorato a lungo su questo pseudo-concept ed il tempo avrebbe reso giustizia ad un piccolo gioiello di post-Canterbury, articolato ed elegante sfoggio di complessità in soluzione di pezzi brevi ed oculatamente strutturati. Certamente la lezione Henry Cow si sente, ma affrontata con una maggior leggerezza (Blegvad proveniva dagli anomali Slapp Happy) ed un'ariosità irresistibile. 

domenica 24 aprile 2022

Neil Young – Tonight's The Night (1975)


Per quanto sia un pezzo fondamentale della storia della musica in America e non solo, la dicotomia fra rock e tradizionalismo è un eterno dilemma nella carriera di Neil Young. Per quanto io ritenga Live Rust e Weld manifesti quasi scolpiti nella pietra del rock, altrettanto fatico ad apprezzare le svenevolezze di Harvest o similari. Forse Tonight's the night rappresenta questa dicotomia in maniera esemplare nel suo insieme, raggruppando più o meno equamente la divisione fra country-blues rilassati ed elettricità a passo marziale. Un disco in nome del dolore e dei lutti, ma che ad ascoltarlo sembra più il ritrovo informale di un gruppo di amici inebriati di tequila e rilassati, lasciati andare alla notte californiana. Situazione che poi non si discosta dalla realtà in cui venne realizzato, rimasto a decantare per un paio d'anni e poi rilasciato più per la sua unitarietà d'intenti che per l'esecuzione finita vera e propria. Questo è sempre stato NY: la sostanza ed il cuore prima della forma e della mente.

venerdì 22 aprile 2022

Hella ‎– There's No 666 In Outer Space (2007)


Con il loro folle zenit, il doppio Church Gone Wild / Chirpin Hard, Hill e Seim raggiunsero un punto di non ritorno, questo è un dato di fatto. Non soltanto portarono il suono e le strutture ai massimi livelli di inafferrabilità, ma dividendosi in comparti solisti stagni forse capirono che tornare allo stadio precedente non avrebbe portato un granchè di risultati. Così fecero una scelta coraggiosa, ingaggiando un cantante, un chitarrista ed un bassista con cui diedero un seguito al capolavoro. Coraggiosa, paradossalmente, perchè il suono pieno di un quintetto ben coeso e tecnicamente di alto livello li costrinse ad una normalizzazione dell'output. Ma c'è standard e standard, così There's No 666 si rivelò come un assortimento entusiasmante di math-pop-core, con il drumming esagitato di Hill ed il chitarrismo schizofrenico di Seim sempre in prima linea, un cantante dotato (a tratti curiosamente somigliante a Les Claypool) ed 11 spassosi pezzi di macelleria alternativa.

mercoledì 20 aprile 2022

Peter Murphy ‎– The Scarlet Thing In You EP (1995)


Quanto erano illuminati Mixo e Rupert ai tempi di Planet Rock; nel periodo in cui Peter Murphy era in promozione per il bellissimo Cascade, anzichè dare spazio ad uno dei singoli di lancio misero in onda Wish, un gioiello etno-ballad presente soltanto sul mini-cd di The Scarlet Thing In You, che ho finalmente ritrovato ad oltre un quarto di secolo di distanza. Ovviamente un pezzo al quale sono legato in via affettiva, di bellezza intrinseca struggente e lussureggiante. Tiene molto bene la prova del tempo anche The Scarlet, indubbiamente la cosa più pop di Cascade, ma tutt'altro che stucchevole e di fresca baldanza. Completavano il poker un'altro inedito, il compatto Crystal Wrists ed un live del 1990 di Dragnet Drag, un pezzo appartenente alla prima fase solista di PM, quella un po' più precaria e priva dell'ispirazione che avrebbe recuperato anche grazie alla partnership con Statham, coautore di tutto Cascade, nonchè di Wish.

lunedì 18 aprile 2022

Gnaw ‎– Cutting Pieces (2017)


Facile immaginare il motivo per cui occorrono 3/4/5 anni per ogni disco degli Gnaw di Alan Dubin: dallo scioglimento dei Khanate (2005/2006) al primo This Face, al secondo Horrible Chamber, al terzo Cutting Pieces, devono tutti esser stati delle faticacce immani, sia in termini di concezione che in termini di raduno degli elementi della line-up, che in quest'occasione risultano essere sei. In estrema sintesi, Cutting Pieces è un nuovo titanico sforzo di estendere ancor di più i limiti del post-metal, anche quando le composizioni sfiorano appena appena i canoni del doom (Septic e Wrong, due mazzate brutali per qualsiasi esponente del genere). Ma per la maggior parte del tempo, Dubin e co. indugiano sui lati più psicologicamente malsani e deviati di un mostro informe, che possiamo definire senza alcun dubbio il più nobile dell'avant-metal, un labirintico ed inestricabile percorso nell'ignoto, proseguimento sempre più spietatamente lucido dei due predecessori. Dove ci vuole portare Dubin probabilmente non lo sa neanche lui, ma l'esperienza è tutta da vivere, per chi ha budella forti e mente salda. Da non ascoltare al buio, però.

sabato 16 aprile 2022

Henry Rollins ‎– Hot Animal Machine (1987) + Drive By Shooting EP (1988)

Anche se accreditato al solo HR, HAM di fatto rappresenta il primo atto della Rollins Band, anche soltanto per la presenza del fido chitarrista Chris Haskell, che con lui condividerà tutta la parabola post-Black Flag. Non potè mettere in atto risposta migliore a tutti quei maligni che lo davano per finito una volta uscito dalle quattro barre, ancor prima di dargli una chance; la mistura micidiale di hard-rock e post-hardcore (con dei pizzichi sparsi di funk r blues) suonata con micidiale lucidità, persino l'ideale seguito a quella fondamentale esperienza ma con un chitarrista meno cervellotico dell'ultimo Ginn, più attento alla sostanza e al servizio del suono generale. In prospettiva, forse appena inferiore alle prove successive che lo porteranno ad un meritato successo di pubblico, ma già esplosivo. La ristampa include l'EP Drive By Shooting dell'anno successivo, una divagazione fra goliardia e spoken word, tutto sommato dispensabile.
 

giovedì 14 aprile 2022

Flaming Lips ‎– American Head (2020)


Sulla scia dell'ottimo risultato conseguito con King's Mouth, i FL continuano a battere il ferro su un ritorno al melodismo più etereo e tradizionalista, finendo per sfornare l'ennesimo grande disco. Dopo una fase più improntata alle paure, all'angoscia ed a suoni cupi con gli essenziali The Terror e Oczy Mlody, Coyne & Co. hanno scelto la via di mezzo: un songwriting curatissimo, quasi raffinato, arrangiamenti non zuccherosi come nei dischi a cavallo del 2000, ma più funzionali. Le ingombranti impronte del Neil Young più rilassato e dei Pink Floyd di fine '70 affiorano a tratti lungo una scaletta quasi perfetta: si tratta di un concept, immancabilmente, sulla giovinezza e sulla nostalgia, a quanto pare ispirato dalla morte di Tom Petty avvenuta qualche anno fa.
Al netto di tutto questo, l'invincibile ed inossidabile spirito melodico di Coyne stravince sempre e la fa da padrone: Will You Return/When you come down e Mother I've Taken LSD sono i nuovi inni stratosferici, seguiti a ruota da My Religion is you e Mother please don't be sad. I comuni denominatori, lo struggente sentore di melanconia sparso ovunque, lo spirito melodico mai stucchevole, le trovate di micro-follia, le sonatine, tutto il macrocosmo Lips, ovvero come invecchiare con gloria, senza mai affievolirsi. Quanto potranno andare avanti? That's a good question, risponderebbe Coyne.


martedì 12 aprile 2022

Scott Walker – Scott 2 (1968)


A volte mi chiedo chissà quali battaglie Scott Engel abbia dovuto combattere contro i discografici di turno per poter includere le proprie composizioni nei primi 3 album, che grossomodo ammontano in ciascun capitolo al 25% dei titoli in elenco. Che fosse colpa/merito di quella voce così ingombrante ed ammaliante o l'ipotesi di un disco interamente di suo pugno, che probabilmente non avrebbe riscosso consensi commerciali, chi lo sa. Ci sarebbe voluto il quarto volume, una ventina di mesi dopo, per raggiungere il traguardo e l'inevitabile capolavoro, ma resta il fatto che forse la storia della musica si è persa qualcosa di importante. Sul terzo, la solita (gradevolissima) sfilata di pezzi di Jacques Brel, tributi singoli a Bacharach, Hardin, Mancini, sfoggio di tripudi orchestrali e piacere lubrico del pubblico adulto.

Resta scontato che il piatto forte è costituito dai 4 pezzi autografi: The Amorous Humphrey Plugg, canonica ma con progressione in maggiore da brividi. The Girls from the streets, drammatica ed imponente. Plastic Palace People, onirica e sospesa. The Bridge, commoventissima. Come negli altri episodi, occorre dire comunque che Walker beneficiò dell'apporto orchestrale profuso al massimo, come sempre lussureggiante e di grande gusto. La sua grande voce fece il resto, cioè tutto ciò che poteva ispirare, cioè l'universo intero.

domenica 10 aprile 2022

Erase Errata ‎– Other Animals (2001)


Il fulminante esordio delle Erase Errata, 15 tracce di lunghezza massima appena 3 minuti, una formula che incontrò seduta stante il favore della critica. La chitarra aspra ed arzigogolata di Sara Jaffe, la voce cantilenante (una specie di Siouxsie meno enfatica) di Jenny Hoyston, la sezione ritmica sincopata e sempre di Bianca Sparta ed Ellie Erickson), ed un drappello di pezzi caustici quanto irresistibili. Pop Group, Gang Of Four, Gun Club, quell'oncia di follia cubista e dissonante del Capitano che poi emergerà implacabilmente sul terzo Night Life. Nessuno spazio all'approssimazione, giusto un paio di riempitivi per spezzare il saliscendi dei ritmi, caracollanti e sghembi. Essenziale.

venerdì 8 aprile 2022

Taj Mahal Travellers – Live In Stockholm 1971 (2000)

 

Chiudo il discorso sui monumentali TMT con il loro album postumo, ovviamente live in museo di Stoccolma nel Luglio del 1971, che necessitò di 30 anni per emergere dal nulla come semi-bootleg in diverse edizioni e ne dovette attendere quasi 40 per una stampa ufficiale in patria. Poco, pochissimo da dire in aggiunta ai laconici commenti sui due colossali album ufficiali; si tratta di un paio d'ore in free-form per il sestetto guidato da Kosugi, il cui unico difetto ascrivibile fu che si tratta forse di una ripresa integrale, al contrario dei suddetti che furono in qualche modo editate e quindi veri e propri best-of di qualcosa che era colossale di suo. Ma è un microscopico appunto. Minimalista la prima ora, intimorente e variegata la seconda. Come sempre, prego rivolgersi alle illuminanti parole di Vlad, non serve altro.


 

mercoledì 6 aprile 2022

Deerhunter ‎– Fading Frontier (2015)


La carriera dei Deerhunter continua ad essere controversa ed in qualche modo un'enorme incompiuta, forse essa stessa vittima del carattere del suo leader Bradford Cox; basti leggere una qualsiasi intervista per capire che si tratta di un soggetto tanto autoreferenziale quanto enigmatico. Se nel 2010 con l'ottimo Halcyon Digest sembravano esser pronti per preparare il loro capolavoro, nel 2013 ci ha pensato l'inascoltabile Monomania a buttar giù le loro quotazioni. Fading Frontier in tal senso ha ripristinato e normalizzato la situazione, con un disco di impavida accessibilità, ai limiti del dream-pop. L'impronta del songwriting di Cox ormai sembra essere inossidabile a prescindere dai generi presi in carico (direi 3-4 su questo album), ed anche se si tratta di un album tutt'altro che imprescindibile, è sempre utile ascoltare i Deerhunter perchè dietro l'angolo si possono scovare pepite memorabili come il dream-pop di Take Care (forse il miglior pezzo mai scritto dai Beach House) e l'atmosferica Ad Astra (unico scritto dal chitarrista Pundt, che con pazienza rimedia sempre le briciole di spazio). Per il resto, buone melodie evanescenti, ballad elettriche sornione, un paio di cadute di cattivo gusto, insomma, molto mestiere.

lunedì 4 aprile 2022

Ultravox – Systems Of Romance (1978)


Crocevia e suggello di un trittico simbolo della new-wave britannica, Systems of romance fu l'ultimo con John Foxx. Ancora indeciso fra tentazioni sintetiche, post-punk ed influenze teutoniche, conteneva ulteriori eccellenti prove compositive (Maximum Acceleration, I Can't stay long, Someone else's clothes, Just For A Moment) sulla scia evolutiva dei due illustri precedenti. L'impressione che resta intatta però era della maturazione raggiunta e della necessità di svoltare, da qui l'abbandono conseguente di Foxx ed una conversione che seguirà con l'ingresso di Ure e l'ulteriore concessione all'elettronica. In prospettiva, quindi, resta un compromesso fra sofisticazioni e retaggi adrenalinici che si fa ancora ascoltare con piacere.

sabato 2 aprile 2022

Cazzurillo – Ghosts are surfing now! EP (2013)


Un vero peccato che non ci siano stati riscontri per un'artista così peculiare e fuori dai canoni, non tanto per questioni di immagine quanto per espressività. Così è praticamente scomparsa dai radar la ragazza nascosta dietro le maschere ed il monicker Cazzurillo, che nel 2016 aveva realizzato uno splendido album, Greetings from Grinchland, che sembrava poter essere finalmente il coronamento di un percorso iniziato quasi 10 anni prima con l'introvabile Maialkoki. Nel mezzo c'era stato Ghosts are surfing now!, questo pezzo di 18 minuti non troppo rappresentativo dello stile generale della one girl mess, ma abbastanza programmatico se preso a sè stante. Si tratta di una macro-jam di psych-noise-pop malsano e beffardo, come un fermo immagine di una litania di Lydia Lunch presa, messa in loop e gettata in una palude di acido solforico, con corredo di rumori ed effetti di ogni tipo. Straniante ed ipnotico, ma al tempo stesso accattivante. Tornerà prima o poi?