mercoledì 28 aprile 2010

Neil Young - Weld (1991)

Parlando di musica americana in generale, come si può fare a meno di citare il grande vecchio canadese? Un pezzo di storia che ha influenzato migliaia di musicisti, per non parlare dei contenuti morali delle sue storie, uno spaccato sociale che parte dalle illusioni dagli anni flower power e arriva ai giorni nostri, in cui il suo ultimo disco contesta aspramente Bush (Living in the war). Di recente ho ascoltato tutta la sua discografia, e sono giunto alla conclusione che Weld sia il riassunto vincente di una intera carriera. Vidi il video prima di ascoltare il disco e rimasi fulminato; con il semplice e ruspante apporto dei fedelissimi Crazy Horse, Young si rivelava un animale da palco, con le sue movenze, la sua determinazione e quel suo schitarrare unico che lo ha reso un icona per più generazioni. Il grunge e lo slow-core, ad esempio, li inventò lui fra gli anni '60 e '70. Weld fu una riappropriazione matura e sapiente di tutto ciò che aveva creato, un doppio atomico dal vivo che circonda 25 anni, un concentrato di energia e anima che straborda dalle casse dello stereo. I grandi classici ovviamente sono presenti, ma stupiscono anche le rendition dei pezzi di quegli anni, che dal vivo avevano una resa nettamente superiore.
Inutile citarli singolarmente, Weld è fondamentalmente il colpo di coda di un maestro che proveniva da un decennio un po' sottotono (gli eighties), ma rinvigorito dall'esplosione del grunge risaliva alla grande sul palco e invitava le giovani leve ad osservare. Ed imparare.

(originalmente pubblicato il 08/08/08)

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