Al di là dei contenuti fantascientifici, del linguaggio inventato dal nulla, delle storie che oggi possono sembrare davvero di un altra epoca, il fascino e l'imponenza del Magma-sound restano intatti. Il capo della crew francese era il batterista/pianista Vander (anzi è, chè con la pelle grossa che hanno sono ancora attivi), un compositore con la fissa di Coltrane e dell'opera lirica che filtrava il tutto con il prog dell'epoca e creava una musica scura, minacciosa ed affascinante.
Quarto album della serie e per me il loro migliore, Köhntarkösz aveva il pregio di smorzare le eccessive vocalizzazioni del precedente Mekanik, troppo succube dei melodrammi isterici della vocalist Stella, e puntava su una manciata di splendide composizioni contrappuntate da cori enfatici. La title-track è divisa in due parti ed è un movimento che estremizza le pulsioni canterburiane con una sana iniezione di cattiveria espressiva, guidata da frasi spezzate di piano, di grande ispirazione. I tempi dispari e le strutture volatili create da Vander esaltano i superbi musicisti al suo fianco. Il chitarrista inglese Godding era un funambolo che nulla aveva da invidiare a Fripp. I tastieristi Bikialo e Grailler non salivano mai sopra le righe e fornivano un tappeto sopraffino. Il bassista Top era un motore ringhiante degno contraltare del poliritmico drummer, e fu proprio egli a ricavarsi uno spazio compositivo per la prima volta nella storia dei Magma. La sua Ork Alarm è un inquietante piece cameristica che fende il disco in modo drammatico. Ma Vander si riscatta e decide di chiudere con i toni rilassati dell'incantevole pastorale Coltrane Sundia, elegia pianistica che fa spalancare gli occhi dalla meraviglia e pesa profondamente sul bilancio di un disco che già prima era ottimo.
Quarto album della serie e per me il loro migliore, Köhntarkösz aveva il pregio di smorzare le eccessive vocalizzazioni del precedente Mekanik, troppo succube dei melodrammi isterici della vocalist Stella, e puntava su una manciata di splendide composizioni contrappuntate da cori enfatici. La title-track è divisa in due parti ed è un movimento che estremizza le pulsioni canterburiane con una sana iniezione di cattiveria espressiva, guidata da frasi spezzate di piano, di grande ispirazione. I tempi dispari e le strutture volatili create da Vander esaltano i superbi musicisti al suo fianco. Il chitarrista inglese Godding era un funambolo che nulla aveva da invidiare a Fripp. I tastieristi Bikialo e Grailler non salivano mai sopra le righe e fornivano un tappeto sopraffino. Il bassista Top era un motore ringhiante degno contraltare del poliritmico drummer, e fu proprio egli a ricavarsi uno spazio compositivo per la prima volta nella storia dei Magma. La sua Ork Alarm è un inquietante piece cameristica che fende il disco in modo drammatico. Ma Vander si riscatta e decide di chiudere con i toni rilassati dell'incantevole pastorale Coltrane Sundia, elegia pianistica che fa spalancare gli occhi dalla meraviglia e pesa profondamente sul bilancio di un disco che già prima era ottimo.
(originalmente pubblicato il 23/12/2009)
me lo ricordo.lo avevo comprato..bello
RispondiElimina