martedì 27 aprile 2010

Rollins Band - The end of silence (1992)

Nel periodo del suo maggior successo, intorno alla metà dei nineties, non è che andassi matto per le movenze e le pose da guerriero urbano di Rollins. Vedevo i suoi video su MTV e pensavo, questo si atteggia troppo, non mi piace. Soltanto un po' di tempo dopo, analizzando i suoi migliori dischi e soprattutto ascoltando quanto fece coi Black Flag, capii che si tratta di un personaggio di grande spessore artistico, con una sua consapevolezza politico-sociale inamovibile e senza compromessi. Questo fu il primo disco che gli diede un discreto successo commerciale, e devo dire che musicalmente è notevole man mano che lo si ri-ascolta. Merito sicuramente di un power-trio infuocato che stava dietro al man, dotato di grande maestria nel vulcanizzare un hard rock funk metal tecnicamente ineccepibile. La verbosità del vocalist, arrabbiata e monocorde nel suo urlo arrochito, lasciava comunque molto spazio alle parti strumentali. Notevolissime negli allungamenti, (sempre che chi ascolti apprezzi le jam dilatate, per intendersi), soprattutto in Obscene, autentico bombardamento di sismi apocalittici; la sabbathiana What do you do, con quel basso wah-wah e le frasi dissonanti; l'interminabile e programmatica sin dal titolo Blues Jam, 12 minuti di doom urbano ultra-heavy; la finale Just like you, un pastiche hardcore-psichedelico angoscioso, che suona come se il gruppo stesse per eseguire l'ultimo pezzo della propria vita. Ho evitato di citare i pezzi più veloci, in cui l'inventiva è forse un pelo leggermente inferiore.
Ma ciò non sminuisce un disco impressionante nella sua potenza e nel suo pugno di ferro (o per meglio dire, di metallo).

(originalmente pubblicato il 24/06/08)

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