No. Con il loro ultimo (in ordine di tempo) progetto in essere, pur fermo dal 2009, Cantù ed Iriondo stanno provando a confermarsi piloti di una certa intellighenzia free-avant-rock, con l'ausilio di un batterista, Calcagnile, appartenente a tale area. Ma al contrario di quella splendida ed illuminata esperienza, cercano di trovare una via dissennata, direi scultorea, ad una forma di free-jazz rumoristico. Le chitarre singhiozzano, i suoni concreti si mischiano alle percussioni in maniera quasi deforme, Cantù starnazza qualche clarinetto, i silenzi si alternano alle grezze cavalcate, Ciappini fa capolino ed emette qualche urlo afono.
In questo campo fecero meglio i Bron Y Aur un decennio fa, purtroppo. Non mi pare di udire grosse impennate creative in questo disco, nè nei due successivi da loro realizzati. Non voglio dire che la vena creativa si stia inaridendo, però da loro mi aspettavo sicuramente di più.
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