Trovo più che lecito sviscerare la loro discografia così, in ordine sparso. Come recita il titolo, un disco postumo uscito sulla prestigiosa label Northern Spy, non si sa assemblato in quale modo ma abbastanza omogeneo da ritenerlo album in tutti i sensi.
Proseguendo con l'apertura progressiva del sound verso spazi sempre più aperti, Langenus e Hoffman nei loro ultimi mesi di vita erano pervenuti ad una elettrificazione del folk pellerossa geneticamente modificato, con un'attenzione speciale alle melodie angolari. Heavner sembrava essere il manifesto, con la cantilena balzellante tipica sostituita da un passo marziale con assolo chitarristico lancinante nel finale.
I capolavori stanno nei due pezzi più lunghi, come peraltro era già successo con Space Programs: l'ipnosi pseudo-blues di Dynamite day sfocia in uno splendido caleidoscopio flower-power, No drugs til now invece liberava tutta la loro voglia di prog con degli stacchi vertiginosi in stile quasi Jethro Tull.
E melodie cristalline, da ricordare all'istante. Quant'erano diversi dall'inizio, e chissà dove sarebbero potuti arrivare.
E melodie cristalline, da ricordare all'istante. Quant'erano diversi dall'inizio, e chissà dove sarebbero potuti arrivare.
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