martedì 31 dicembre 2013

Suicide - Second Album (1980)

Ma se Rev e Vega avessero fatto un secondo sulla falsariga del debutto, cosa si sarebbe scritto al riguardo? Sarebbe stato dipinto come un secondo capolavoro di lungimiranza o come una replica senza arte nè parte?
Fecero bene, i due ceffi, a trovare soluzioni diverse e ad introdurre qualche melodia in più. Il risultato sta in un disco che disorienta ancora, i cui ammiccamenti danzerecci finiscono per apparire ancor più macabri di quanto lo fossero certi incubi del primo; in questo modo ebbe inizio il synth-pop, anche se nella venatura esclusivamente di Rev/Vega. Che ebbe particolare riuscita in Mr. Ray, Touch me, Dance, e nel capolavoro Harlem, sulla scia dei primi grandi shock.
Notevoli le 3 aggiunte nella ristampa del 2009, in particolare Radiation. Musica che col senno di oggi sembra così semplice semplice, ma allora....

lunedì 30 dicembre 2013

Suez - Illusion of growth (2013)

Poco tempo fa scrivevo due righe sugli Shock Headed Peters, ed alla fine mi chiedevo se mai avessi sentito qualcuno replicare le loro gesta. Ora ascolto per la prima volta questo quartetto di Cesena ed ecco la pronta risposta alla mia domanda: dopo 30 anni ecco qualcuno che si ispira (non so quanto volontariamente, però è inevitabile) all'art-post-wave decadente e surreale di quella entità, con le dovute traslature temporali ma in maniera significativa, a partire dalla clamorosa somiglianza dell'impostazione vocale del cantante con Karl Blake.
Sia chiaro, asserisco questo in un'accezione positiva perchè con queste premesse i Suez fanno sentire la loro impronta personale: oltre agli impliciti tributi ai Peters (Things don't change, Bloop, la ballad pianistica Anything), ci sono pezzi accattivanti di chiara derivazione new-wave (Boys must cry, Chains) ed un paio di perle post-moderne dagli umori mutanti come Head bang e 1.000 Years.
Non conosco l'età ed i trascorsi ma credo che possano fare ottime cose, crescendo.

domenica 29 dicembre 2013

Subaudition - The scope (2006)

Duo finlandese dedito ad uno spleen-folk altamente emotivo, dall'ampio respiro ed inevitabilmente invernale (almeno credo sia una sensazione di noi popoli latini, che la musica spiccatamente scandinava ci comunichi temperature rigide...), a mio avviso molto differente dai grandi connazionali Tenhi, a cui vengono accostati in pressochè ogni recensione.
In quanto meno solenne e più intimista, i Subaudition esprimono innanzitutto una debordante malinconia. Ciò che conta è che Scope sia una gemma sia per la scrittura che per gli arrangiamenti, innestati soprattutto sulle chitarre e con un uso intelligentissimo di piano ed organo. Nessuna percussione per un flusso di coscienza ammantato di emozioni cristalline (Raindrops, The blue light, No Angel, Counterwise, Godspeed le più belle). Unico difetto tangibile la voce, un po' deboluccia ed incerta; con un cantante di altra stazza questo si sarebbe chiamato capolavoro.

sabato 28 dicembre 2013

SubArachnoid Space - Endless Renovation (1998)

Molto più meditato ed ordinato del precedente Almost invisible, il 4° album dei californiani non rinunciava certamente all'ostinata attitudine di jam psichedelica ma al posto delle scorribande impazzite preferiva puntare ad uno stato di ipnosi quasi zen.
L'utilizzo di un organo quasi liturgico in Will you make my house a carnival, le movenze aeree di Safety in numbers, la navigazione circospetta di Twilight sleep, coniugavano un interplay fra gli strumenti che non superavano mai una certa soglia di prevaricazione. Persino nelle tracce più dure (Square wheels, Good grief) in cui le distorsioni non uscivano mai dai ranghi, appariva chiaro che il gruppo di Jones fosse quasi timoroso di perdere il controllo, di uscire dalle righe.
A seconda dei punti di vista, un disco poco attrattivo per gli invasati e di grande fascino per i seguaci di quella Bibbia che è Ummagumma.

venerdì 27 dicembre 2013

Strapping Fieldhands - Wattle & Daub (1996)

Dopo il geniale Discus, un secondo all'insegna di una maggiore elettricità, di un esuberanza pop frutto anche di alcune composizioni memorabili degne di ingaggiare una sfida con i contemporanei Flaming Lips.
C'è aria di festa, qui: fin dall'iniziale The author in her ear la melodia ha la meglio sul resto, pur mantenendo la trasandatezza intrinseca; abbandonate del tutto le velleità redkrayoliane presenti sul precedente (relegate ad un paio di minutini in coda alla gagliardissima Soundscapes), il complesso di Philadelphia non risentiva per niente di questa relativa normalizzazione, tutt'altro. Si ascolti la selva infuocata di Song of mourning dove o gli stordimenti di Blue Kangaroo per godere di questo indie-psych di alta qualità.

giovedì 26 dicembre 2013

Andy Stott - Luxury Problems (2012)

Techno-Dream-Dark-Trip aggiornato ai giorni nostri, carico di opacità e stordimenti paradisiaci. Questo è quanto propone il terzo disco dell'inglese Stott, ed i consensi sono stati veramente unanimi.
E ben vengano, dischi come questi, che aiutano l'elettronica a mantenersi sempre fresca e viva. Bè, forse la freschezza non è proprio quanto ispira l'ascolto di Luxury problems, che semmai sembra di vivere una seduta/sudata lunare, con questi ritmi mutanti, carichi di bassi minacciosi e rimbombanti.
Il tratto che inizialmente sembra essere più immediato è il diffuso e suadente vocalizzare femminile che quasi stride con l'ambiente (spettacolare in tal senso Lost and found) generalmente non molto incline al ballo e a tratti quasi rovinoso (Expecting), lasciando una porta aperta alla volta celeste solo alla fine, con gli echi angelici di Leaving. Ma il disco è sornione e sa riservare sempre avviluppi di grande fascino.

mercoledì 25 dicembre 2013

Mark Stewart + Maffia - Learning To Cope With Cowardice (1983)

Si potrà disquisire sul fatto che Stewart abbia dato le sue prove migliori grazie ai musicisti che lo spalleggiavano, che il suo strumento-voce di certo non sarebbe stato così peculiare sopra ad un altro suono. Ma non si può dubitare del fatto che fino a metà '80 sia stato un fenomeno portatore della bandiera della fusione fra musica nera e bianca creando mostri irripetibili.
Seppur accreditato anche al trio Maffia, Learning è all'80% di sua penna ed è immancabilmente un caposaldo di dub fantasmatico ambientato su un altro pianeta, e neanche nel sistema solare. Quasi impossibile riuscire a descriverlo, tanto è movimentato e spettacolare, col climax incredibile di Jerusalem, che catapulta l'alieno in una terra santa di samples sinfonici e cori di preghiere così, come se nulla fosse.
Geniale è dire poco.

martedì 24 dicembre 2013

Stereolab - Transient Random-Noise Bursts with Announcements (1993)

Pur sempre piacevole, l'ascolto degli Stereolab di 20 anni fa impone più di una riflessione, la primaria delle quali è che il loro suono oggi suona più invecchiato di quello dei loro numi tutelari, risalenti a 40/45 anni fa.
Ai tempi l'eccitazione principale forse era dovuta al fatto che furono fra i primissimi a recuperare in modo così eclatante Neu! e Can, Velvet Underground e francesismi vintage, principalmente dovuti alla nazionalità della cantante. 
Transient rivelava ai più un gruppo capace di fondere amabilmente tutto questo con una certa nonchalance, ma oggi non mi eccita più.

lunedì 23 dicembre 2013

Stateless - Matilda (2011)

Più o meno unanimi i cori di mezza delusione per Matilda, e immagino quanto possa essere stato ingrato agli occhi degli Stateless vedersi continuamente richiamati al primo disco ed ai colpi da ko che assestava. Al punto che quasi mi dispiace accordarmi a quel vociare, ma certe considerazioni sono inevitabili. L'ambizione del gruppo di evolversi e mischiare le carte ha finito per soffocare il grande talento melodico, rendendo il disco discontinuo e troppo altalenante.
Curtain calls apre già con un segnale: l'intro è sommessa e bellissima, ma al momento del chorus un pesante meccanismo rompe la magia e l'inciso è ruffiano oltre misura. Le contraddizioni si scontrano non stop: ad alcuni pezzi orribili come Ariel, I'm on this o Visions ne rispondono stupendi come Miles to go, Song for the outsider, I shall not complain, memori dell'esordio e con la sapienza della maturità. La freschezza sembra essere andata un po' persa, ma più che una ricerca del successo forse li ha danneggiati la voglia di non farsi bollare come epigoni dei Radiohead. Ma mi sento ottimista e mi aspetto grandi cose per il ritorno.

domenica 22 dicembre 2013

Starving Weirdos - Father Guru (2007)

Nel bel mezzo del mare magnum dell'ambient-weirdo-noise-psichedelia di questi anni i californiani Starving Weirdos non sono molto più di una goccia espansa. Nonostante le premesse allettanti, a mio avviso la metà del progetto Brian Pyle ha fatto e sta facendo meglio come Ensemble Economique.
Poi è anche vero che il duo ha cercato di rilanciarsi allargando la componente gotica del sound, cercando di prendere strade laterali e quant'altro. Father guru è quasi proverbiale a partire dal titolo: tre lunghe elucubrazioni molto differenti fra di loro ma ugualmente acide, slabbrate e molto scontrose. Si fa preferire Trancin', quella che paradossalmente è nello stile più abusato del drone-folk. Poco più che interessante.

sabato 21 dicembre 2013

Stars of the Lid - The Tired Sounds of (2001)

Più che stanchi, direi suoni evanescenti, quelli del duo texano. Mega-contemplazione di un paio d'ore talmente soffice e composta che durante la seconda ad un certo punto mi sono chiesto in quale razza di posto si trovasse la mia testa.
Nell'ambient il confine fra levitazione e rottura è molto sottile, i SOTL qui hanno fissato un punto di osservazione in cui molti altri si sono posizionati successivamente. La fonte di saggezza primaria è sempre quella dell'Eno di Airport, ma io odo anche le prime, educatissime partiture di suo fratello Roger o le arie sinfoniche di Budd, vedi la commovente Requiem for dying mothers e la neoclassica Mulholland. In ogni caso, un solco che non finisce mai, mai e poi mai, e l'abbandono è sublime....

venerdì 20 dicembre 2013

Starfuckers - Infrantumi (1997)

Dopo le implosioni dovute ai Sinistri, le frantumazioni soniche. I lunigiani alle prese con la loro opera più subliminale, implicita; un flusso che comunica prima di tutto isolamento.
Protagonista del disco la batteria di Bertacchini, onnipresente ed in primo piano, un apparente generatore di battiti random che suscita nevrosi all'ascolto. 
Attorno a questa terra bruciata Giannini e Bocci giocano alle sottrazioni più che all'algebra dell'avanguardia. Ancor più difficile del precedente nella sua folle omogeneità. Nessun prigioniero.

giovedì 19 dicembre 2013

Stare Case - Lose Today (2011)

Non ricordo dove l'ho letto, ma c'è stato qualcuno che per questo disco ha chiamato in causa il blues. Beh, è una parola un po' grossa, ma per assurdo ci può anche stare. Stare Case è un collaterale di 2/3 dei Wolf Eyes, Young & Olson, i quali posano a terra le armi bianche di distruzione di timpani, com'è giusto che sia rovesciano la situazione e si danno ad una manciata di elucubrazioni spastiche e sconnesse ma molto, molto quiete. E difficilmente inquadrabili.
Young fornisce poche, scandite ed elementari note di basso (non è un bassista e si sente) e canta sommesso, con un senso di svogliata repressione. Olson si occupa del resto che consiste in spirali di elettronica smorzata, di qualche percussione e di un clarinetto assolutamente delirante (non certo è un fiatista e si sente, ma forse sono le parti migliori).
Ci si potrebbero fare mille domande sul senso di questo esperimento, la prima delle quali è perchè? Non lo so ma in un certo senso Lose Today funziona e cattura un'attenzione da centro di igiene mentale. Lo chiamerei ignorant-garde.

mercoledì 18 dicembre 2013

Staer - Staer (2012)

Noise norvegese, che provenienza inusitata; giocoforza ne esce qualcosa di davvero peculiare da parte del trio Staer, il cui suono è definito happy metal dalla etichetta discografica.
Ed ecco una possibile nuova combinazione del noise-rock, che sembra mescolare le intricate trame dei Sightings con le arzigogolate partiture, ai limiti del jazz-core, dei connazionali Bushman's Revenge, con un suono di chitarra invidiabilmente alterato grazie anche a vagonate di octave-pitch, con una sezione ritmica che dire cingolata è poco.
Il disco è una corsa quasi da infarto, che necessita di diversi ascolti per farsi prima digerire e poi apprezzare. Pochi gli sprazzi di reale musicalità, prima con la straniante Sex Varnish (come se gli Oxes jammassero con i Drunkdriver) ed al culmine, con Dr.Life che relativizza la concitazione in uno showcase di follia del chitarrista, davvero mozzafiato.

martedì 17 dicembre 2013

St. Tropez - Icarus (1977-1978)

La Liguria fu terreno fertile per il prog, com'è noto, ma non tutti i liguri hanno avuto la stessa fama. Ciro Perrino ad esempio è uno che se l'è creata (per dire) da solo nei primi anni '90 fondando la Mellow Records, etichetta molto importante in tema di ristampe it-prog in tempi non sospetti ovvero quando il genere non era poi così tributato dalle cronache musicali.
Così facendo sono emersi una moltitudine di lavori che lo coinvolsero in diverse band durante i '70, di cui la maggior parte rimasti nei cassetti senza conoscere la luce della pubblicazione. St. Tropez è quello forse più interessante anche se si sente la disomogeneità della raccolta, l'approssimatività della produzione e della registrazione. Il retaggio era indubbiamente progressive, in larga parte strumentale e con una puntina di effetti space-rock sulla scia dei Sensation's Fix, senza averne tuttavia il talento. Spiccano un paio di ottime tracce come Nella cascata e Verdure saltate, anche se trattasi di serie minore e si era ormai fuori tempo massimo (d'altra parte di Locanda Delle Fate ne è esistita solo una).

lunedì 16 dicembre 2013

ST 37 - The invisible college (1992)

Un po' acida, come soluzione antisettica. Debutto ufficiale di questi freaks texani, probabilmente i più longevi della scena che si agitava intorno ad Austin nei primi anni '90 e che non ha decisamente lasciato capolavori di scuola, anche se sempre superiore all'omologa e contemporanea inglese.
Con le influenze wave ancora un po' intimidite nel sottofondo, ma con un impeto quasi punk in alcuni pezzi (Mob on our hands, Luxuria accelerator) che materializzava un nuovo, interessantissimo ibrido fra Hawkwind e Rocket From The Tombs (non voglio dire primi Pere Ubu perchè sarebbe arduo, anche se la voce spesso fa qualcosa per imitare David Thomas), sarebbe piuttosto soggettivo definire Invisible college il miglior disco degli ST37 ma ci andrei abbastanza vicino. Il basso onnipresente e i trip incandescenti delle chitarre restano un marchio a fuoco che compensava composizioni non fenomenali, come a dire: la psichedelia viene prima di tutto il resto.

domenica 15 dicembre 2013

Squadra Omega - Squadra Omega (2010)

Un altro modo di fare del vintage, nè pedissequo nè che sappia di stantio, citazionista ma che si fa ascoltare con gradevolezza. I 16 minuti di Murder in the mountains sono i più interessanti, paludosa escursione in territori psichedelici che non ha proprio nulla di nuovo ma incuriosisce l'assemblaggio di ritmiche e sax.
All the words you can find è una simpatica pantomima acid-wave, Ermete è fin troppo debitrice dei primi Dead Meadow, Hemen Hetan una jam schizo-blues un po' tirata per le lunghe. 
Al primo ascolto mi era piaciuto di più. Meglio il successivo Le nozze chimiche, più coraggioso.

sabato 14 dicembre 2013

Spokane - Measurement (2003)

Nella sua lenta rincorsa a sfornare quel capolavoro che è stato Little hours e prima che la vocazione di regista prendesse il sopravvento sulla musica, Rick Alverson è stato un fautore di slow-core talmente delicata da sembrare in bilico di rompersi da un secondo all'altro in un pianto liberatorio, e Measurement non è stato da meno.
Il pregio maggiore del progetto Spokane era proprio questo: saper creare atmosfere cristalline che a seconda dei gusti possono annoiare a morte o emozionare con la propria genuinità. Un po' come se i Piano Magic perdessero la loro englishness e si dessero in toto soltanto al lato intimista del loro suono, con una capacità compositiva di egual razza.

venerdì 13 dicembre 2013

SPK - Leichenschrei (1982)

A dimostrazione che in Australia non si è mai stati così fuori dal mondo, anzi. Gli SPK nacquero nel 1978 e furono un progetto di musica industriale influenzato dai Throbbing Gristle ma meno cruento, con qualche commistione gotica (vedi l'uso del basso) ed una forte propensione allo psycho-shock orrorifico: non a caso Revell, l'anima musicale, diventerà un richiesto compositore di colonne sonore negli anni 90.
Leichenschrei ha anche qualche assonanza con gli Einsturzende Neubauten, per via delle quintalate di percussioni industriali messe in scena, ma va detto che Kollaps era uscito appena un anno prima e forse sarebbe impervio dire chi era arrivato prima con un certo stile. 
Sono certo che il connazionale Foetus ai tempi abbia strizzato l'occhiolino e abbia ostentato soddisfazione.

giovedì 12 dicembre 2013

Laurie Spiegel - The Expanding Universe (1980)

Ristampato l'anno scorso per la prima volta dopo 32 anni, The expanding universe è un piccolo cult della musica elettronica in quanto la chicagoana Spiegel, musicista con un retroterra folk, fu una delle prime performers ad applicare il minimalismo al computer digitale. Incuriosisce, pertanto, l'ascolto del flusso dronico della title-track che si prolunga per 22 minuti con mutazioni quasi impercettibili: un po' tedioso sulla lunga distanza ma è significativo di quanto sia influente su una marea di acts del sottoterra americano attuale (zona Digitalis e dintorni)
Meglio le 3 tracce che lo precedono, segnate da una briosa elettronica cosmica debitrice oltremodo dei tedeschi di qualche anno prima ma con un piglio minimalista che lo rende abbastanza interessante. Non certo una pietra miliare, gradevole e nulla più.

mercoledì 11 dicembre 2013

Alexander Skip Spence - All My life + After Gene Autry 7"

Per chi ha consumato Oar al punto di conoscerlo quasi a memoria e per chi non trova tanto esaltanti i Moby Grape, un paio di singoletti postumi editi dalla newyorkese Sundazed, specializzata in operazioni di archeologia di questa fattezza.
Il primo è datato 2000, giusto pochi mesi dopo la morte di Skip. All my life fu registrata nel 1972, quando ormai la sua pazzia era più che una diagnosi, ma è la canzone più banalmente rock che abbia mai scritto. Sul retro Land of the sun, del 1996, commissionatagli per la colonna sonora del film X-Files ma mai utilizzata: una modernizzazione controllata di Grey Afro, ma si sente che il leone è in gabbia.
Nel 2009 invece sono comparsi questi 2 demo registrati nel 1968, di maggior interesse: After gene autry è un simpatico vaudeville di cui Skip durante l'esecuzione dimentica il testo e se la ride sonoramente. Motorcycle Irene invece è riconoscibile come la più interessante del lotto, uno perchè è decisamente bella e due perchè nel finale Spence imita il suono della motocicletta Irene, e l'ilarità scatta inevitabile.

martedì 10 dicembre 2013

Frankie Sparo - Welcome crummy mistics (2003)

Ma che fine ha fatto Chad Jones? Un vero peccato che questo talentuosissimo songwriter si sia dato alla macchia, dopo due splendidi album a inizio decennio scorso su Constellation. Se il primo denotava un interessante interpretazione della folktronica, con Welcome si fece spalleggiare dai Silver Mt. Zion dando una profondità cameristica al suo songwriting sempre più drammatico e pregno di lirismo.
Pezzi come My sistr, Hospitalville, Sleds to moderne, Bright angel park e soprattutto la miracolosa City as might have been elevavano l'arte del cantautore a livelli di magnificenza. Un arte umile, melanconica, in grado di far vibrare le corde emotive più recondite. Un influenza possibile per il nostro Samuel Katarro, e  non soltanto per la decisione di coprire il proprio nome.
Splendido.

lunedì 9 dicembre 2013

Spam & Sound Ensemble - Spam & Sound Ensemble (2013)

Progetto giustamente presentato come qualcosa di originale per i giorni nostri, un po' perchè coinvolgere Succi equivale sempre ad avere quel quid in più di sostanza artistica. L'idea è del produttore Rossi che ha concettualizzato il non-luogo e musicato il tutto, Succi ha creato i testi (si scrive partendo da delle mail spam), suonato e cantato, Dorella ha completato il quadro. In partenza, molto interessante, insomma.
Musicalmente il disco fagocita più o meno qualsiasi cosa in ambito elettronico, ma anche industriale, funky, soul, Suicide. Un po' troppo. E' di un eterogeneità che fa spavento, e non so se l'intenzione di Rossi fosse quella di disorientare, ma ci riesce benissimo. Dal canto suo Succi ci mette il ventaglio di recitazione, i soliti interessantissimi testi e qualche pezzo che si potrebbe additare al repertorio Bachi Da Pietra (Esitando, Nel basso, T.E.D.O.S.B.). 
Missione compiuta, per quanto il disco sembra curato e confezionato. Può piacere e non piacere.

domenica 8 dicembre 2013

Sound - In the hothouse (1985)

In epoca new-wave, la pubblicazione di un live poteva equivalere alla definitiva consacrazione, magari non necessariamente commerciale ma quantomeno di reputazione ed importanza. Nel caso degli sfortunati Sound invece, rappresentò il canto del cigno di una carriera più che dignitosa, che forse non ha partorito un capolavoro degno di essere citato fra le pietre miliari del genere ma ha soltanto generato una manciata di buoni album intrisi di energia e visceralità.
Quando fu registrato In the hothouse avevano già di fatto rinunciato al successo lasciandosi alle spalle l'esperienza major ma paradossalmente con Shock of Daylight e Heads and hearts, pubblicati l'anno precedente, avevano raggiunto una perfezione melodica col songwriting di Borland sempre più raffinato.
La scaletta del live pesca in maniera equilibrata dal repertorio; sulla scelta dei pezzi come sempre si tratta di soggettività, per quanto mi riguarda ci sono Sense of purpose, Missiles, Under you e Total recall a viaggiare sopra la media.

sabato 7 dicembre 2013

Giuliano Sorgini - Elettroformule (1969)

Compositore di colonne sonore specializzato in b-movies anni '70, uno dei tanti mossisi all'ombra di Morricone e per questo un po' rammaricato con la jella come dichiarò in un intervista qualche anno fa. Ed anche per lui un colpaccio con la Leo Records in tempi non sospetti (1969 potrebbe essere l'anno giusto, anche se col beneficio del dubbio), con questa breve sonorizzazione di stampo fantascientifico molto priva di compromessi. Elettro-acustica stordente e spiazzante, qualche punto in comune con Zanagoria c'è (oltre al fatto che entrambi sono stati ristampati su cd-r dalla Creel Pone), anche se qui l'impeto a volte sembra sfociare in una simpatica naivetè, soprattutto per i pezzi improntati su organo.
Sempre di musica di servizio si tratta, ma che coraggio....


venerdì 6 dicembre 2013

Sophia - There are no goodbyes (2009)

E' rimasto l'ultimo disco di Robin, e fa pensare, perchè non è mai stato così tanto tempo senza fare un disco: i tour si susseguono l'uno dietro l'altro e con la mezza età che si avvicina, forse Robin è in crisi di ispirazione. So di essere ingeneroso perchè non perdòno le cadute e i declini dei miei beniamini, perchè il senso di perdita col passare degli anni si fa un po' più doloroso ed è un concetto che si trasla perfettamente anche nella musica.
Chiusa la filosofia spicciola, c'è da dire che People are like seasons è rimasto l'ultimo disco bello (bellissimo) di Robin, dopodichè Technology e Goodbyes sono stati capitoli abbastanza sbiaditi, moscetti, in cui ha stancamente ripreso i canovacci di una vita, senza azzeccare una melodia epocale delle sue come, che ne so, The sea, I left you, Ship in the sand o Bastard o tante altre. C'è da dire che Robin ha finito per assomigliare pericolosamente ad un altro nobile decaduto come Malcolm Middleton, facendosi sempre più orecchiabile.
Dai Robin, ripigliati e tira fuori qualcosa di meglio, la prossima volta.

giovedì 5 dicembre 2013

Sonic Youth & Jim O'Rourke - Invito Al Cielo (1998)

A fine nineties, potendo ormai fare tutto ciò che a loro pareva, i SY aprirono una loro etichetta dedita a pubblicazioni parallele alla discografia major, e peraltro molto duratura in quanto l'ultima è datata 2011, di fatto anno di morte del gruppo. Pubblicazioni quasi sempre molto sperimentali, con il vezzo di essere intitolate ogni volta in un linguaggio diverso; nell'occasione del 3° volume incrociarono per la prima volta Jim O'Rourke, che pochi anni dopo sarebbe diventato membro aggiunto della combriccola.
Il problema dei SY adulti, secondo me, stava essenzialmente nell'aver perso l'eversività e la carica agonistica dei primi anni: ma trovatosi ormai nella spirale del successo, si trasformarono in musicisti professionali pur non essendoli dentro. Se dovessi indicare una band simbolo di lampante perdita artistica post-major (attenzione, non di svendita), per me i SY sarebbero gli indiziati maggiori.
Ora, sul versante sperimentale non so se le cose sono andate meglio perchè non ho ascoltato un granchè; Invito al cielo è un guazzabuglio di impro-noise che paragonerei in questo modo: sta ai SY come Arc stava a Neil Young, ovvero una raccolta degli stordimenti (principalmente farina del sacco di Ranaldo, direi) che appaiono in qua e in là nelle loro canzoni, amplificato e allungato oltremisura.
Ricordo di aver sentito cose molto migliori, in questo genere, sia prima che dopo.

mercoledì 4 dicembre 2013

Songs Ohia - Didn't It Rain (2002)

Un pensiero gentile per il buon Jason Molina che è venuto a mancare qualche mese a causa delle conseguenze di abuso d'alcool, nonostante si fosse ritirato da tempo in una comunità per disintossicarsi. Diciamo la verità, a posteriori non è che sia stato un personaggio memorabile nel panorama dei neo-cantautori rurali americani: figura di seconda fascia, che intorno al 2000 sfruttava le rinnovate onde di attenzione per le musiche acustiche per trovare un po' di visibilità anche grazie alla Secretly Canadian che lo manteneva fedelmente a catalogo.
Dopo i suoi migliori dischi Ghost Tropic e The Lioness, però, ripiegava sul classicismo stretto e potava alle radici qualsiasi ingerenza esterna che non riguardasse un cantautorato fin troppo asciutto e neilyounghiano. E anche un po' stancante come Didn't it rain, che contiene qualche buona melodia ma che ha il difetto enorme di non subire nessuna variazione all'interno di ogni singolo brano: lo schema è sempre quello e lo sbadiglio è garantito. Peccato.
Riposi in pace.

martedì 3 dicembre 2013

Solo Andata - Ritual (2010)

Se l'ambient è un pozzo senza fondo, allora è pienamente legittimo che sbuchi dall'altra parte del pianeta, in Oceania dove risiede il duo Solo Andata. E dopo aver attraversato certi meandri è legittimo anche che si faccia scura, molto scura.
Non c'è più molto da inventare nella dark-ambient, si dirà, e quindi? Quindi Ritual assume, come da nome, i connotati di una cerimonia che si direbbe pagana, in cui i suoni concreti sono uno strumento cardine della struttura; fra lo sciame incessante di Aggregate, la lugubre galassia di Carving e l'escursione polare di Myrmecia svettano i 20 minuti di Incantare; uno sprazzo di luce si apre e il brancolare dei due diventa più consapevole, aereo. Per l'appunto, incantevole.

lunedì 2 dicembre 2013

Soft Machine - Live At The Paradiso 1969


Come si sovviene ad ogni leggenda, le anomalie a volte sono così grandi che nemmeno uno se ne accorge. Per anni questo è stato un oggetto dei miei desideri, salvo poi scoprirlo soltanto in epoca di filesharing e restarne sinceramente non troppo contento: ma come, i SM che fanno Vol. 2 dal vivo, peraltro al leggendario Paradiso di Amsterdam, e l'odiato Ratledge non fa altro che suonare il suo organo fuzzato snaturando le numerose parti di piano? Dove lo vogliamo mettere?
Ora, smaltita da anni questa delusione, lo affronto con una consapevolezza diversa e mi appare per ciò che è, ovvero una grande prestazione da parte di uno dei power-trio più precari e allo stesso tempo mitologici della storia inglese. Senza piano e  senza fiati, un live crudo e molto fisico che stempera anche le dolcezze infinite di Dada was here e Thank you pierrot lunaire, che trova la sua migliore dimensione nelle palestre virtuose di Fire engine, Hibou anemone and bear e soprattutto in Pig.
E' un live che non mi fa venire voglia di cercare bootlegs analoghi, ma che oggi rivaluto. Poi è chiaro che una roba come Noisette è sempre inarrivabile, ma era un'altra formazione.

domenica 1 dicembre 2013

Sneaker Pimps - Splinter (1999)

Coraggio da vendere, quello in dote a Howe e Corner i fondatori di SP: dopo il relativo successo commerciale di Becoming X, cacciarono la suadente vocalist ed attenuarono drasticamente l'impatto danzereccio delle ritmiche, quello elettronico negli arrangiamenti in favore di uno spleen-pop di ottima qualità. In due parole, un sostanzioso anticipo di quanto fecero gli Stateless ben 8 anni dopo, e perchè negarlo? Suona anche un po' radioheadiano, nelle pieghe più emotive di bellissimi pezzi semi-acustici come Splinter, Empathy, Lightning field. Ma il meglio lo davano ancora quando il passo si faceva trip-hop, i samples si facevano nebbiosi ed uscivano gemme come Half life, Flowers of silence, Cute sushi lunches
Attenzione. ho scritto bene: radioheadiani un anno prima di Kid A.

sabato 30 novembre 2013

Smudge - Manilow (1994)

Frizzantissimo e godibile come una fresca serata estiva l'indie-power-pop degli australiani Smudge, in grado di rivaleggiare con gli amici e contemporanei Lemonheads in fatto di talento compositivo.
Se lo si prende per quello che è e null'altro, Manilow è fantastico: 25 pezzi tutti molto brevi (alcuni sono anche sotto il minuto), sia acustici che elettrici, briosi con melodie semplici e a presa rapida, mai ruffiani nè melensi, con qualche puntatina punk sparsa. Facile a dirsi, un po' meno a farsi. Trovarsi a fischiettare e/o canticchiare Charles in charge, Ugly just like me, Divan, Little help, Ingrown è davvero un attimo.
Con questo freddo non c'azzeccherà molto ma il divertimento è garantito.

venerdì 29 novembre 2013

Smog - Supper (2003)

Anche se già entrato da tempo nella sua produzione raffinata, nel 2003 Callahan sapeva ancora colpire al cuore. Basti ascoltare quei due piccoli masterpieci di Our anniversary e A guiding light, umili e delicati, in grado di fare breccia al primo ascolto. Oppure la tensione sottopelle che si divora in Ambition, rievocante antichi amori selvaggi.
Supper tendenzialmente cercava di coprire un po' tutte le richieste del pubblico: dalla compostissima ballad con voce femminile, al country rock languido, al loureedismo fracassone e un po' pacchiano. Le buone vibrazioni non mancano di certo, ma diciamo che se se Callahan avesse estratto un po' meglio il materiale pubblicato fra il 1999 ed il 2005 ne avrebbe ricavato 2 disconi anzichè 4 dischetti con tante discordanze e qualche sbadiglio.

giovedì 28 novembre 2013

Smegma - Pigs for Lepers (1982)

C'è stata una cosa che mi ha quasi commosso riguardo agli Smegma, in un intervista letta qualche anno fa: ora che sono pensionati e con i figli grandi, possono dedicarsi alla musica (?) più di quanto fecero durante la loro giovinezza.
Della LAMFS furono l'ala meno colta, per non dire di spirito punk. Si racconta nella bio che si formarono nel 1973, ed il loro suono è un miscuglio di free-form freak-out discendente dagli estremismi di Red Krayola e Residents, ma anche dagli sballi rintronanti dei Godz, fino a lambire l'industrialismo più brado (collaborarono anche con un giovanissimo Boyd Rice). In Pigs for lepers non ci sono grosse eccezioni, se si eccettua l'anarco-noise-punk di Mutant baby. 
Ma al di là dell'aspetto storico, importante quanto si vuole, sempre piuttosto prescindibili.

mercoledì 27 novembre 2013

Smashing Pumpkins - Adore (1998)

Si potrà pensare qualsiasi cosa degli SP, nel bene e nel male, ma non si può dubitare di come siano stati strapazzati dalla stampa di tutto il mondo: esaltati, portati all'altare e poi alla polvere dopo un secondo, scrutati dai giornalisti pronti ad avventarsi come iene sulle loro (abbondanti) vicende personali. Certo, è successo più o meno così per molti altri gruppi in tutta la storia, ma da questo punto di vista gli SP sono stati veramente sfigati.
Così come lo è stato Adore, che ai tempi fu accolto molto freddamente ma che ora rivaluto con piacere. Dopo gli eccessi pantagruelici di Mellon Collie e le vicendacce umane del 1996, Corgan affrontò questa fase di crisi personale e se ne uscì con un disco meditato, con alcune delle migliori canzoni che abbia mai scritto (Crestfallen, Daphne Descends, For Martha, Blank Page). Raccolta che scarta completamente chitarroni, molto influenzata dalla mancanza di un batterista e molto influenzata dai Cure maturi di Wish.  
Rivalutato.

martedì 26 novembre 2013

Slowdive - Just for a Day (1991)

Anche loro in odore di reunion, immancabilmente. A meno che Halstead non stesse scherzando, un annetto fa, interpellato sulla questione. Fatto sta che un mese fa si è esibito in due serate coinvolgendo la Goswell come special guest, e di solito funziona proprio così se ci si pensa: un accennino, un concertino, e via andare verso la riunione completa.
Non sono certamente preoccupato della cosa, io mi riascolto Just for a day in questa versione deluxe che sul secondo cd ospita i primi 3 ep con cui la Creation li presentò al mondo come nuovi, fenomenali virgulti del dream-pop britannico. Con quelle armonie panoramiche, le voci angeliche, le dolci composizioni di Halstead e gli impasti chitarristici i Slowdive sono ancora leggenda.
Come non poter emozionarsi ancora di fronte alle gemme lucentissime di Celia's dream, Catch the breeze, The sadman, alla drammatica Primal che chiudeva il disco in maniera stupefacente. Ma il vero picco secondo me fu proprio il primo pezzo del primo EP, che si chiama esattamente Slowdive. Rabbrividente, sempre.

lunedì 25 novembre 2013

Sleep - Live at Atp 2009-05-10

Nel 2009 tutto ci si aspettava fuorchè una reunion degli Sleep, e per più di un motivo: l'anno precedente Cisneros, intervistato in qualità di Om-man insieme ad Amos, aveva risposto con un secchissimo no ad una maliziosa domanda. Haklus aveva abbandonato da neanche un anno e si ipotizzava un ritiro per lui, Pike ormai in fase di rendita con High On Fire e si diceva beccatosi a morte con Cisneros ai tempi post-Dopesmoker.
Invece all'All Tomorrows Parties eccoli comparire in tutta la loro granitica forza per stritolare un pubblico a dir poco entusiasta; il bootleg è di media qualità e permette di saggiare il trio in grande forma, come se il decennio e rotti di iato non fosse neanche passato. Gran parte del set contiene estratti di Holy Mountain, com'era lecito e doveroso aspettarsi. 
Spiccano anche due estratti da Dopesmoker e persino un inedito in linea, Antarctican's thought, probabilmente outtakes dello stesso. Non ci si aspetti alcun tipo di rivoluzione dagli Sleep: solo urticante sabbathismo, solo ustionante doom dell'anima.

domenica 24 novembre 2013

Sleep - Dopesmoker (2012 Remastered Vinyl)

Ristampa in vinile della Southern Lord che fa giustizia e tributo nei confronti di ciò che rappresenta lo zenith assoluto dello stoner-metal. Non sono un audiofilo ma è inevitabile cogliere una differenza con i cd che ho ascoltato a raffica in questi anni (il semi-illegale e tagliato Jerusalem nel 1999 ed il finale Dopesmoker del 2003), rilevando un sano e spiccato riverbero generale, un suono più nitido delle chitarre ed un maggior equilibrio delle frequenze basse. Unico limite tangibile, il brutale fade-out proprio al 42esimo minuto in corrispondenza di uno dei momenti più emozionanti ovvero l'inizio della rabbrividente pausa mistica: mi rendo conto comunque che si è trattato tecnicamente di una necessità dovuta alla durata della facciata vinilitica, alla faccia della sfiga.
Sul lato D compaiono due live; il già noto del 1992 Sonic Titan e l'inedito Holy Mountain eseguito nel 94 in quel di San Francisco, un po' carente come fedeltà ma indicativo di come erano i giovani Sleep sul palco.
Riguardo a Dopesmoker, c'è proprio poco da dire; nel mio piccolo, direi un monumento di un'ora al black-sabbathismo amplificato esponenzialmente, dal ritmo dispari, cantato da Cisneros come se fosse hardcore drogato, con tante di quelle variazioni da far accapponare la pelle e da mandare a quel paese chi si azzarda a dire che è monotono, con un paio di assoli di Pike che ancora mandano in estasi.

sabato 23 novembre 2013

Slaves - Spirits of the Sun (2012)

Tra i tanti modi di fare revivalismo ambientale, c'è una via ammirabile che vede protagonista questo duo misto dell'Oregon, ovvero cercare la trascendenza con testardaggine e caparbietà fino a raggiungerla in appena mezz'oretta di Spirits of the sun.
Dalla loro hanno anche un occhiolino strizzato all'ambient-drone-gaze di questi anni, che contribuisce attivamente a trasfigurare questi splendidi 4 pezzi: 111 vede la voce femminile intonare un coro ultraterreno, fino al sopraggiungere di una breve tempesta elettromagnetica che introduce il sublime trip cosmico di River, mutuato dai corrieri tedeschi ma davvero memorabile nel suo svolgimento armonico.
Il crescendo incessante di The field rivela un'aspetto ambientale che ha quasi del gotico; la chiusura è riservata ai 12 minuti di Born into light, altro mantra celestiale di grande suggestione.
I nomi che vengono subito in mente sono, oltre ai corrieri cosmici, Grouper, Voice Of Eye ed duo inglese ormai dimenticato che fu protagonista negli anni '90 di una piccola azione pionieristica che forse oggi andrebbe rivalutata, ovvero i Flying Saucer Attack. Ma al di là di tutto, Spirits of the sun è veramente molto, molto bello.

venerdì 22 novembre 2013

Skullflower - Argon (1995)

Di solito, riguardo i dischi di free-noise, si può usare l'aggettivo impenetrabile, spesso se ci si riferisce ad una muraglia. Parlando di Argon, uno dei primi album dell'unità terroristica inglese Skullflower, mi verrebbe da dire invece molto penetrabile; nell'occasione composta da spinosi feedback continuativi (pseudo-chitarra), starnazzamenti incontrollabili ed ovviamente atonali (pseudo-sax o pseudo-flautino) e qualche rara comparsa del tipo se ci sei, batti un colpo (fustino di latta o affine).
Definire Argon concept o sinfonia in 4 movimenti può essere molto discutibile, anche se in effetti la divisione c'è: ciò che è più interessante è che gli Skullflower erano già distanti dall'area industriale, e con questo lavoro si proponevano come una specie di incrocio fra i Dead C più drogati e dei Borbetomagus completamente incapaci di suonare. Sarà indigesto a chiunque, ma è una catarsi lunga 80 minuti che vale la pena di oltrepassare almeno una volta.

giovedì 21 novembre 2013

Richard Skelton - Limnology + Ridgelines (2012)

Si contaddistingue sempre, Skelton; prima di dare il seguito compiuto di Landings, l'anno scorso si è materializzato con il libro Limnology a cui è stato allegato un cd contenente l'omonima traccia, poi ha pubblicato Ridgelines, consistente in un kit di stampe a cui viene abbinato il download di due tracce da un quarto d'ora ciascuna dedicata a due colline, una inglese ed una irlandese.
Dopo che ho visitato l'Irlanda nel 2012, il mio legame con la musica di Skelton si è fatto ancor più forte, e poco importa se non ci siano novità rilevanti nel suo output e si mantenga nell'ambito drone-chamber ultraterreno a cui ci ha abituato: Limnology è una tempesta molecolare per stratificazione di archi e bordoni di organo, più quiete e vicine a Landings (ma per questo forse più rassicuranti) le due tracce di Ridgelines.
In ogni caso, è sempre dovuto un omaggio al maestro anche in caso di episodi interlocutori.

mercoledì 20 novembre 2013

Six Organs Of Admittance - The sun awakens (2006)

A metà circa della propria missione, Chasny rilasciava The sun awakens, disco che riaccende in me un'idea inquietante, che ho sempre sopito in corner, ma che a volte si fa pressante: e se Chasny fosse un pochettino sopravvalutato?
Ho apprezzato molto Luminous night, del 2009, ma ho come l'impressione che col passare del tempo le sue idee siano ridotte al lumicino e i suoi albums sempre meno interessanti. Sempre fermo restando che si tratta di un personaggio di tutto rilievo e che il suo acid-folk misticheggiante sa sempre creare visioni suggestive.
L'apoteosi in questo capitolo è composta dai 24 minuti di River of trasfiguration, una aberrante muraglia drone-metal con soffici cori e dissoluzione angelica finale; dove stia la meraviglia o la noia è molto soggettivo da stabilire, e lo stesso discorso vale per gli altri pezzi.
Controverso.

martedì 19 novembre 2013

Six Minute War Madness - Full Fathom Six (2000)

Probabilmente eleggibile a disco italiano più louisvilliano di tutti i tempi, Full fathom six fu terzo ed ultimo disco dei SMWM, loro vertice espressivo e mediamente più meditato dei precedenti.
Perchè louisvilliano in questo caso ha un accezione del tutto positiva; lungi dall'essere copia carbone degli Slint, i milanesi traevano comunque linfa vitale da quelle sonorità per le pieces ipnotiche di Gli incubi, VI Moravia, Come un soffio, Tokyo, Panorama, composte di sinuosi intrecci chitarristici e ritmiche irregolari. Alla proverbiale aggressività restano gli stentorei anthem di Full fathom six, Un filo di vita, Prima noia (qualcuno si ricorda degli A Minor Forest?), o la lunga Washington che urla, compendio e riassunto delle tematiche del sestetto.
Album che col tempo non ha perso un oncia del proprio valore e che sancì la fine di una band fra le italiane più autorevoli degli anni '90.

lunedì 18 novembre 2013

Six Finger Satellite - Severe Exposure (1995)

Dopo quello che comunque era l'exploit inatteso di un quintetto spuntato dal nulla sulla Sub Pop, i 6FS asciugarono ogni orpello, compattarono e veicolarono tutta la loro pazzoide aggressività nel loro capolavoro, e caposaldo dell'elettro-noise-rock tutto.
Ciò che folgora ancora oggi all'ascolto è che tutto sommato Severe Exposure è un disco divertente, pieno di trovate trascinanti: non necessariamente geniale, ma uno di quei dischi sregolati da ascoltare a ripetizione per cercare di capire l'origine; certamente Devo (più per attitudine che per suono) e Chrome, dei quali riprendono certe cadenze sostenute e le deflagrazioni dei due chitarristi, con evidenze particolari per i singulti spesso filtrati di Ryan e le frasi deliranti di moog piazzate spesso a mo' di ritornello.
Pezzi irresistitibili Parlour games, Cock fight, e soprattutto Dark companion, Rabies (baby's got the). 
Un torrente in piena di noise-wave.

domenica 17 novembre 2013

Siouxsie and the Banshees - Juju (1981)

A fine anni '80, quand'ero un tenero adolescente, mi capitò per le mani non ricordo in quale circostanza, una C90 con un arbitrario best-of di S&TB; dei 9 pezzi contenuti in Juju ve ne erano ben 7, sia estratti pari pari che versioni live. Guardando a posteriori, non si poteva non essere d'accordo con l'anonimo compilatore, in quanto il 4° album rappresentava il top di una progressione che ormai del punk iniziale non possedeva altro che la foga negli episodi più concitati. Merito anche di McGeoch, fresco di fuoriuscita dai Magazine, in grado di conferire qualche intarsio chitarristico di grande rilevanza.
Poi pazienza se la musica è invecchiata più di altri contemporanei, se oggi la si percepisce come di livello inferiore ad altri classici del dark: l'ascolto di Juju è un tuffo al cuore, sempre.

sabato 16 novembre 2013

Silver Mt. Zion - Horses in the sky (2005)

Durante il lungo hiatus del gruppo madre, tutti gli occhi dei godspeediani erano posati su di loro che, nella proverbiale indifferenza per il mondo davano alle stampe lavori sempre interessanti. E all'epoca di Horses in the sky non si era mai sentita una vocalità così diffusa, con un Menuck debordante ed onnipresente, al punto che forse non aveva più senso parlare di epic-instru o derivazioni.
Una voce, la sua. alla quale seguono quelle degli altri componenti, in occasione di qualche coro bello squillante. Voce che non è impeccabile tecnicamente ma che sa comunicare umanità e passione sincera in un contesto che non lesina nulla a livello emotivo, con gli archi in risalto, un substrato di litanie puramente folk che sanno elevarsi al cielo degnamente (Ring them bells il picco della situazione).
A tratti un po' ripetitivo, forse non all'altezza del precedente (il primo credo resti irraggiungibile), ma sempre di alto livello.

venerdì 15 novembre 2013

Silver Apples - Contact (1969)

Ho un mio punto di vista sui Silver Apples che va molto contro corrente: furono sì rivoluzionari e pionieri dal punto di vista del suono, ma così valenti nel campo strettamente musicale no, proprio no.
Nè sul primo nè su Contact appare un efficace, palese e lodevole talento musicale. Tutt'al più potrei asserire che l'elemento più interessante erano i ritmi di Taylor, scalcianti e creativi. Ma è stato l'armamentario di effetti su cui era ripiegato Coxe a celare quella che secondo me è una mera pochezza compositiva: le canzoni dei SA sono immerse ancora in tutto e per tutto nei sixties, con la carnevalata di tutta quella serie di spirali e gorgoglii ronzanti che li hanno resi diciamo anticipatori di elettronica e robe molto importanti. Tali canzoni sono perlopiù di una pochezza quasi sconcertante, ma ciò al mondo non è importanto per niente. In fondo erano solo due freaks con un idea in testa e la misero in pratica, guadagnandosi solo fama critica postuma.

giovedì 14 novembre 2013

Sigillum S - Helix Parasites (1992)

I masters italiani indiscussi dell'esoterismo con quello che forse è stato il loro album più rappresentativo, meno ostico del predecessore Dispersion che invece era senza compromessi e forse superiore. In Helix Parasites prevale l'aspetto ritualistico, c'è meno industrializzazione e persino qualche virata psico-teatrale (la lunghissima End of Continuum, scandita dal piano, immersa in una desolazione infinita, un gioiello). Quindi, un classico a tutti gli effetti che sigillava la fruttuosa partnership fra il visionario Bernocchi ed il concreto Bandera.
11 pezzi, frammentati fra di loro da altrettanti brevi sketch del paradosso, con il comune denominatore dell'ossessività costante ma senza mai pestare a fondo: una vittoria del carisma e dell'elettronica umanoide, quasi imperiosa.

mercoledì 13 novembre 2013

Sightings - Through the Panama (2007)

Come suonerebbero i pezzi dei Sightings se fossero arrangiati non dico normalmente, ma quantomeno non in maniera così belluina e rumorosa? Forse suonerebbero alla Liars fase centrale, anche perchè in Through the panama Morgan bofonchia anemico come Andrew, oppure come dei Black Dice invasati e senza strategie tattiche di sconvolgimento.
Invece è giusto che suonino così, perchè ormai è 6-7 anni che sono diventati un classico del post-noise. Magari non fanno più così paura come all'inizio, e gli ultimi dischi non hanno molto da dire di quanto non abbiano già espresso, ma restano indigeribili per tanti. Through the panama è un casino irrisolvibile, non dà tregua ed è un ascolto che lava via tutte le impurità. Per me oggi è stata la valvola di sfogo alla fine di una giornata un po' stressante, ed ha funzionato.

martedì 12 novembre 2013

Siamese Stepbrothers ‎- The Siamese Stepbrothers (1995)

Supergruppo estemporaneo uscito su Cuneiform. Data la settorialità della label era facile presumere che si trattasse di jazz-rock o stretto affine, un po' meno scorrendo la formazione; passi per l'avant-chitarrista Kaiser, il batterista Ligeti e per il pianista Constanten, ma di certo non ci si aspettava che Anderson e Sophiea degli MX-80 Sound si prestassero a questo tipo di operazione.
Diciamo così, un po' vanesia. E' sempre un bel sentire distratto, questa serie di jams in larga parte improvvisate, è sempre un bel seguire Anderson che ingaggia sfida su sfida atonale col suo tocco inimitabile, le sincopi ritmiche e le svisate pianistiche. Non si va, comunque, oltre un esercizio di stile / divertissment che termina per imitare migliaia di jazz già sentito. 
Per completisti dei musicisti coinvolti.