Io non sono certo uno di quelli che si è scandalizzato di fronte alla svolta easy della Marshall, anzi. Dopo essersi costruita la fama di cantautrice folle e problematica ed averci deliziato con un pugno di bei dischi (è forse l'unico caso in cui il mio preferito resta un The covers record), con The greatest spiazzò non poco, giocandosi mezza carriera e mettendosi in un guado incerto, con due apparenti prospettive: perdere i vecchi fans che gridano al tradimento e cercare di guadagnare frange di nuovi attratti.
Perchè la CP che qui ascoltiamo è una chanteuse fascinosa e soffusa, rilassata come mai l'avevamo sentita, quasi soul-blues. Ma attenzione a non sparare frettolosi, perchè una volta sparito l'effetto sorpresa si scopre un disco gradevolissimo: condotta dal piano e dagli archi, la title-track splende di luce propria, fra tracce di spleen tipico e nuova luce di accessibilità.
Slide, fiati, chitarre limpide, country, fischietti e quant'altro, la prima metà del disco scorre come un bicchierozzo d'acqua, non ci sono più i sussulti emotivi di una volta ma la voce è sempre stregata e si adatta perfettamente ai nuovi modelli. Brillano particolarmente The moon, Living Proof, Empty shell. E nel finale la Marshall riserva le songs più belle: la cantilena struggente di Willie, la pastorale Where is my love, e il soffio autoritario di Love and communication che chiude questo transito problematico come la titolare, eppure così affascinante nel saper smentire uno stile che forse con You are free aveva raggiunto il punto di non ritorno.
Nessun scandalo, per carità...
Perchè la CP che qui ascoltiamo è una chanteuse fascinosa e soffusa, rilassata come mai l'avevamo sentita, quasi soul-blues. Ma attenzione a non sparare frettolosi, perchè una volta sparito l'effetto sorpresa si scopre un disco gradevolissimo: condotta dal piano e dagli archi, la title-track splende di luce propria, fra tracce di spleen tipico e nuova luce di accessibilità.
Slide, fiati, chitarre limpide, country, fischietti e quant'altro, la prima metà del disco scorre come un bicchierozzo d'acqua, non ci sono più i sussulti emotivi di una volta ma la voce è sempre stregata e si adatta perfettamente ai nuovi modelli. Brillano particolarmente The moon, Living Proof, Empty shell. E nel finale la Marshall riserva le songs più belle: la cantilena struggente di Willie, la pastorale Where is my love, e il soffio autoritario di Love and communication che chiude questo transito problematico come la titolare, eppure così affascinante nel saper smentire uno stile che forse con You are free aveva raggiunto il punto di non ritorno.
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