Sestetto romano con tanto di violinista yankee che fece un paio di dischi, fortemente orchestrale e suggestivo. Qualche debito nei confronti di Jethro Tull, chè il flauto era determinante negli arrangiamenti. Le dinamiche erano meno movimentate e la produzione decisamente scarsa, ma in diversi punti questo debutto eccelleva per fantasia ed ispirazione.
La grinta strabordante del riff di Un Villaggio, un'illusione è soltanto l'iperbole di un sound fortemente etereo e quasi medioevale con le rifiniture di violino e flauto. La chitarra si ritaglia qualche spazio con i gomiti fra i soliti muri di tastiere. Non mancano incursioni jazzy, specialmente nelle mani del pianista, ma in gran parte il disco è giocato sugli scarti di ritmi e atmosfere, fra le fasi concitate molto convincenti (quasi ad anticipare quelle del Biglietto Per L'Inferno) e quelle morbide ad accusare (e far accusare) il colpo, non molto esaltanti a dire la verità.
Forse è proprio questo neo a far sì che i QVL non siano spesso annoverati fra i nomi storici, cui mancò il guizzo che avrebbe fatto la differenza.
La grinta strabordante del riff di Un Villaggio, un'illusione è soltanto l'iperbole di un sound fortemente etereo e quasi medioevale con le rifiniture di violino e flauto. La chitarra si ritaglia qualche spazio con i gomiti fra i soliti muri di tastiere. Non mancano incursioni jazzy, specialmente nelle mani del pianista, ma in gran parte il disco è giocato sugli scarti di ritmi e atmosfere, fra le fasi concitate molto convincenti (quasi ad anticipare quelle del Biglietto Per L'Inferno) e quelle morbide ad accusare (e far accusare) il colpo, non molto esaltanti a dire la verità.
Forse è proprio questo neo a far sì che i QVL non siano spesso annoverati fra i nomi storici, cui mancò il guizzo che avrebbe fatto la differenza.
(originalmente pubblicato il 25/02/2010)
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