Un'altra delle formazioni yankee lanciate dalle major sulla scia dell'esplosione nirvaniana, e dal potenziale davvero notevole, a dimostrazione che i talent scouts dopotutto avevano un certo occhio nonostante i propositi dei dirigenti fossero tutt'altro che nobili.
La ricetta era ambiziosa: fondere brutalità e ritmiche albiniane con disperazioni grungeggianti, in un calderone sonico abbrustolito di chitarre quasi metal. La formula funziona perfettamente con Mine eyes, Snakes, Biter, in cui si sentono echi di Killing Joke, Big Black e loro discepoli Helmet, rispetto a cui ponevano più attenzione sui ritornelli e ai loro effetti catartici. Quando i ritmi rallentano, in Home, sembrano gli Alice in Chains più riflessivi, con la differenza che alla voce c'è un cantante catramoso e rauco, tale Tulipana, che ha la sua funzione guida tutt'altro che irrilevante.
Lungo l'arco del disco non ci sono molte variazioni, però, e i limiti compositivi dei STR emergono in modo evidente nonostante il sound sia sempre bello coeso e massiccio. La chiusura è riservata alla Don't cry, ennesimo riconoscimento a santo padre Young, limpida nelle strofe e brutalmente sfigurata nelle altre parti dai muri chitarristici di Tulipana e Trower.
Le prove successive non denoteranno miglioramenti e inevitabilmente, visti gli insuccessi commerciali, verranno scaricati dalla major. Risultano però ancora in vita tutt'ora....
La ricetta era ambiziosa: fondere brutalità e ritmiche albiniane con disperazioni grungeggianti, in un calderone sonico abbrustolito di chitarre quasi metal. La formula funziona perfettamente con Mine eyes, Snakes, Biter, in cui si sentono echi di Killing Joke, Big Black e loro discepoli Helmet, rispetto a cui ponevano più attenzione sui ritornelli e ai loro effetti catartici. Quando i ritmi rallentano, in Home, sembrano gli Alice in Chains più riflessivi, con la differenza che alla voce c'è un cantante catramoso e rauco, tale Tulipana, che ha la sua funzione guida tutt'altro che irrilevante.
Lungo l'arco del disco non ci sono molte variazioni, però, e i limiti compositivi dei STR emergono in modo evidente nonostante il sound sia sempre bello coeso e massiccio. La chiusura è riservata alla Don't cry, ennesimo riconoscimento a santo padre Young, limpida nelle strofe e brutalmente sfigurata nelle altre parti dai muri chitarristici di Tulipana e Trower.
Le prove successive non denoteranno miglioramenti e inevitabilmente, visti gli insuccessi commerciali, verranno scaricati dalla major. Risultano però ancora in vita tutt'ora....
(originalmente pubblicato il 12/03/2010)
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