mercoledì 7 luglio 2010

Smog - Rain On Lens (2001)

Inizia splendidamente, con la prima parte della title-track; un minuto e mezzo di atmosfera evocativissima, un sommesso lamento di chitarra e due versi in croce, drone di archi sotto, ma dura così poco che il gesto di disapprovazione è quasi automatico, anche perchè la Song che segue è un rosolarsi dello stesso riff di chitarra su ritmo da marcetta che lascia interdetti, quasi pacchiano per lo stile di Callahan. Meglio Natural decline, motorik al servizio di rifrazioni chitarristiche su motivo discendente, molto bella.
E' uno dei dischi più sottotono di Smog, che sulla lunga distanza non lascia un granchè. Le solite 2-3 perle memorabili le imbrocca sempre, ma lo stile sembra essere vittima di una normalizzazione che non lascia propriamente entusiasti. Certi pezzi, arrangiati con una perfezione formale che ha quasi dell'assurdo, annoiano parecchio; piace pensare a Callahan come cantautore esistenzialista piuttosto che piacione epigone loureediano di mezza età.
Così, molto meglio le allucinazioni desertiche di Dirty pants, quasi una versione barocca dei Thin White Rope. O lo strumentale in odore Dirty Three Live as if someone is always watching you.
E' quando arriva la ripresa della title-track, si spera di esserci arrivati, al pezzo killer, ma la delusione è cocente quando finisce un altro minuto e mezzo di pura magia che lascia posto all'ennesima cantilena insipida.
Che chiude un disco filed under la categoria "da dimenticare".

(originalmente pubblicato il 21/03/2010)

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