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Basta fare un po' l'orecchio e la giocosa allegria del Patto-sound sa coinvolgere come nei dischi in studio. Bene o male i pezzi sono abbastanza simili agli originali, forse anche per via della complessità dei ritmi. Ciò che emerge prepotentemente è il contributo eccezionale di Halsall, che non mi stancherò mai di definire uno dei migliori chitarristi rock di tutti i tempi, peraltro molto molto virtuoso anche al vibrafono (in alcuni pezzi passsava da uno strumento all'altro nel giro di pochi secondi). Per il resto, era la coesione jazz e il palpabilissimo sense of fun che si percepisce anche alla visione di un loro live a fare la differenza, oltre che le oggettive abilità tecniche.
Le sessions risalgono al 1970, 71 e 73. L'ultima, con il gruppo in odore di scioglimento, vede nella line-up anche un imprecisato sax all'opera che secondo me un po' snaturava il loro suono e non era molto consono (basti sentire il loro pezzo più forte, Loud Green Song, fortemente penalizzata). Per il resto, il solito, impeccabile e divertente hard-jazz-blues di classe.
(originalmente pubblicato il 04/02/2010)
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