Raccolta postuma di questo grande trio attivo nella prima metà dei '00, ovviamente senza farsi notare più o meno da nessuno. Come già scrissi per il loro primo disco, l'ispirazione dei PF veniva da fonti tutt'altro che sospette (Nick Cave e tutta la Pall Jenkins-connection su tutte) ma la loro classe e abilità oscurava qualsiasi sospetto di plagio, con in aggiunta una dose di energia e rabbia lirica non indifferente, retaggio indiscusso delle loro origini hc. King Cobra è il primo pezzo in scaletta ed è un autentico capolavoro di intensità espressiva. Il vigore dei loro anthem maudit contagia all'istante: Miles underneath, Capricorn Blue, Right back down in the middle sono messi in fila e lasciano senza fiato. Black Juju è una digressione psicotica devastante, mentre la The Bars blackflaghiana viene ritoccata con accordi honky-tonky di piano. Il finale è appena appena meno movimentato, con Our Way e la splendida Honey honey testimoni di una pacatezza che forse sarebbe stata la direzione futura se non avessero deciso di sciogliersi.
Il fatto è che, pur essendo una raccolta, il valore intrinseco di Bodies Need Rest lo equipara ai vertici della loro (purtroppo) stringata produzione. Occorre rendere giustizia ad un gruppo criminalmente ignorato in vita, e PF lo è stato veramente.
Il fatto è che, pur essendo una raccolta, il valore intrinseco di Bodies Need Rest lo equipara ai vertici della loro (purtroppo) stringata produzione. Occorre rendere giustizia ad un gruppo criminalmente ignorato in vita, e PF lo è stato veramente.
(originalmente pubblicato il 14/02/2010)
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