lunedì 19 luglio 2010

Coil - Horse rotorvator (1988)

Il disco più popolare del duo inglese, forse, in cui non trovo poco o niente di industriale, anzi, non capisco veramente perchè siano sempre stati inquadrati in quel filone. Forse per la militanza di Christopherson nei Throbbing Gristle o per le costanti partecipazioni di Balance a Current 93, perlomeno negli anni '80. Ciò che odo qui è un elettro-dark movimentato e variopinto, ricco di soluzioni anche se non sempre ispirate al 100%. I synth e i ritmi meccanici sono protagonisti dell'iniziale, marziale Anal Staircase, nonchè della beffarda Slur. Per l'appunto, certe sonorità riconducibili all'industriale affiorano in quà e in là, ma è comunque lo svolgimento abbastanza lineare dei pezzi che rendono il prodotto più accessibile.
Quando ci si formalizza sull'esotico, però, vengono fuori le cose più interessanti, come la lussureggiante Ostia (death of Pasolini), ricca di violini e harpsicord, piccolo gioiello di barocchismo mitteleuropeo, doppiato da Who by fire e The first five minutes after death.Ma non si esimevano certo dallo sfoderare le zampate acide di zolfo: le chitarre abbrutite e il ritmo da catena di montaggio di Penetralia, punteggiate da fiati dissacranti. Le grotte robotiche di Ravenous, i cabaret grandguignoliani di Circles of mania e Blood from the air, tese a creare atmosfere surreali e per nulla rassicuranti nonostante un certo appeal melodico che non faticava a galleggiare in superficie.
Lussuriosi e dannati.

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