venerdì 9 luglio 2010

Weimar Gesang - Anthology

Pre-premessa:
Questo post è un post sperimentale, un po' tipo quei programmi trasmessi in contemporanea su Rai e Mediaset, o il discorso a reti unificate del Presidente della Repubblica - ma l'ho promesso così a lungo al mio amico Webbatici che ho "dovuto" darlo anche a lui - poi me lo pubblico anche qui... :)

Premessa:
Il titolare del blog qui, tale Webbatici, mi ha schifato per mesi i dischi dei Weimar Gesang, che gli avevo caldamente raccomandato come migliore esempio della new-wave italiana di metà anni '80.
Probabilmente a causa dell'indurimento dei muscoli uditivi ed emozionali causati dall'ascolto troppo prolungato di rock-punk coi chitarroni, il suddetto è incapace di cogliere la bellezza di tutta la produzione dei Weimar – ma voi non dategli retta, e seguitemi in questo breve viaggio tra i loro dischi. [1]

Post vero e proprio:
Quindi, introduzione del gruppo: tra Treviglio, Monza e Milano abbiamo Paolo Mauri - voce e basso, Fabio Magistrali - batteria e Beppe Tonolini - chitarra (più Enrica Toninelli - tastiere sulle prime due cassette).
Rimasti in tre, si alternano tra gli strumenti sopra elencati e le tastiere "elettroniche" per i due primi dischi ("Even Stone Pales" e "The Colours of Ice"), ricorrendo spesso all'uso della drum-machine sia in studio che dal vivo.
Poi a Beppe subentra Donato Santarcangeli alla chitarra, con il quale viene registrato "No Given Path", poi sostituito da Cesare Malfatti, con il quale i Weimar cominciano a registrare un quarto lavoro su disco che non vedrà - purtroppo - mai la luce (anche se, volendo... qualcosina...)

Non so che fine abbiano fatto nè Beppe nè Donato, ma Paolo e Fabio dopo i Weimar sono stati una presenza costante nelle registrazioni e nelle produzioni della musica italiana indipendente dalla fine degli anni '80 ad oggi, è quasi inutile riportare un elenco delle persone con cui hanno lavorato [2], mentre Cesare è stato, tra le altre cose, uno dei tre componenti "fissi" dei La Crus.

Questo è lo sfondo, ma la cosa importante sono i dischi: con il permesso di Paolo, qui vi potete scaricare un antologia di tutti e tre... [3]

"Even Stone Pales" è il debutto, sicuramente il meno riuscito dei tre ep, anche se "Chantal Secret" è il primo abbozzo della dark-dance che poi sarà sviluppata in "Like in a Mirror", così come “Annual Ring” è un episodio atipico, un po’ alla Cocteau Twins, ed “Held Inside” è un pezzo minore, bello ma un po' "sfocato".
Forse un po' troppo statico rispetto a "Our Silent Growth" [4], ma anche un chiaro passo avanti sulla via della personalità - la cassetta è suonata da un gruppo che ama i Cure di quegli anni, il primo disco è quello di un gruppo che cerca di camminare con le proprie gambe.

Ma le gambe si rafforzano, "The Colours of Ice" è già un disco maturo, giocato tra i toni quasi dark di "Melt your Sight" e "Deceit", i richiami vagamente deadcandanceabili (primo disco, eh! – non il medioevaleggiare posteriore) di "One Promise Less", fino alla già ricordata dark-dance di "Like in a Mirror " - altro che i Neon di “Dark Age”...

Poi "No Given Path", che a partire dalla veste grafica (i tagli della copertina attraverso i quali si leggono i credits del disco) è un disco da magone. [5]

Parte “The Secret Us” ed è un brivido dark, gli arrangiamenti mi hanno fatto invidia per anni... - con il mio gruppetto new-wave cercavamo neanche tanto inconsciamente di imitarli, ovviamente senza riuscirci...
“Ligh-Tight Place” è un pezzo quasi rock, con la chitarra in feedback – non esattamente una cosa comune per quegli anni [6]
Un paio di minuti di synth liquidi e parte "Worn Out Prayer", il pezzo perfetto dei Weimar Gesang, dark-dance (ma non troppo dance), un timbro del synth solista che per me ha sempre avuto il colore mattone/porpora della copertina del disco, l'assolino di basso dopo il break, quando riparte il sequencer - che a me mi vengono ancora gli occhi lucidi ogni volta che lo sento.
E c’è ancora "Mother of Nothing", tempi dispari e melodia irresistibile. [7]

Poi cala il sipario, anche se sopravvive nella memoria una versione stratosferica di "Place to Be" di Nick Drake (ma dai!) che sarebbe dovuta uscire sul disco nuovo...

Note e links:
[1] Purtroppo mai ristampati su cd, sono reperibili a prezzi francamente assurdi nel mercato del vinile usato da collezione (!) - quanto sarebbe stato meglio se avessero venduto qualche milionata di copie all'epoca della pubblicazione invece :)

[2] Ad esempio, sul sito MySpace di Paolo, c'è un elenco delle persone/gruppi con cui lui ha lavorato.

[3] Il "qui" è evidentemente riferito a "Tuning Maze", il blog di Webbatici. Nello zip trovate Chantal Secret, Like in a Mirror, One Promise Less, Worn-out Prayer, Mother of Nothing e Place to Be.

[4] La discografia completa la trovate su Discog, la cassetta "Untitled" è in realtà il primo demo, mentre "Our Silent Growth" era stata realizzata per essere venduta - tra l'altro, a differenza che su tutti i dischi, in alcuni pezzi si può sentire Fabio suonare "solo" la batteria acustica, ed era veramente bravo!

[5] Nostalgia canaglia? Ma no, dai, all'epoca mi dava le stesse sensazioni!
Mentre per i non-milanesi, dicesi "magone" quella sensazione di malinconia quasi dolorosa ma dolce, da groppo in gola…

[6] Poi va beh, di questo pezzo è possibile trovare una versione live (senza drum-machine) sulla cassetta allegata a Vm due

[7] E il testo - che trovate anche sul già citato sito di Paolo – ve lo riporto qui:

Believe
I' ve been nowhere
in this half of half a century
I' ve been nowhere

Mother of Nothing

4 commenti:

  1. A me piacevano molto, al tempo acquistai con i soldini delle "mancette" The Colour Of Ice.
    E' un piacere aver letto questo post, bravo e grazie.

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  2. bel post anche se preferisco i tuoi... anche musicalmente.
    comunque non male questi ragazzi, diciamo c'era di meglio in italia in quegli anni.
    ma c'era anche di peggio sicuramente.

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  3. Wunderbar !
    Bel post , mannaggia a voi , mi avete anticipato ... Complimenti !!

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  4. Insomma, non mi convincono troppo.
    Musicalmente buone idee, ben suonate ma senza dire niente di nuovo rispetto al resto di quel periodo.
    E' comprensibile che non abbiano lasciato tracce.

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