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La realtà dei fatti è che questo è il punto di non ritorno per i Pil, la morte artistica di un simbolo sacro della new-wave. Ciò che era stato compiuto coi primi 3 storici album venne letteralmente accantonato in favore di un easy-listening pacchiano e con pochissimi spunti creativi all'altezza della statura. Si può anche intuire perchè Levene lasciò, al di là dei motivi diversi da quelli artistici; la sua chitarra è praticamente inpalpabile e i synth dominano ovunque, scontati e pesanti. Non mi è chiaro se l'accreditato Atkins suona o c'è una drum machine, e voglio sperare che sia quest'ultima, visto il minimalismo assoluto che svilisce il lavoro precedente, Flowers of romance, tanto per dire. Il bassista del periodo, Jones, slappa come un forsennato ma forse è incolpevolmente vittima anch'egli della svolta pop-funk voluta da Lydon, che procura soltanto canzonette insipide e banalissime. Si salva soltanto l'acoustic-ambient di The slab, che guardacaso è strumentale e credo farina del sacco di Levene.
Si sa che Lydon è sempre stato un bravo affarista, e qui finì la sua carriera creativa, breve ma molto molto intensa.
(originalmente pubblicato il 24/02/2010)
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