Non male questo scherzo di Levene, che quatto quatto se ne andò in America e all'insaputa di Lydon pubblicò i nastri grezzi di ciò che i Pil avevano registrato nel 1982 in mezzo ad un mare di difficoltà, fra burrasche interne e problemi con le labels. Dopo aver abbandonato la nave che aveva varato 5 anni prima, il biondo chitarrista fece il gesto impavido e arrivò persino ad autoprodurre due redditizie tirature fra USA e Europa, fino a quando la Virgin non chiuse la partita con un azione legale, dato che il disco era sostanzialmente una versione primitiva di This is what you want....
La realtà dei fatti è che questo è il punto di non ritorno per i Pil, la morte artistica di un simbolo sacro della new-wave. Ciò che era stato compiuto coi primi 3 storici album venne letteralmente accantonato in favore di un easy-listening pacchiano e con pochissimi spunti creativi all'altezza della statura. Si può anche intuire perchè Levene lasciò, al di là dei motivi diversi da quelli artistici; la sua chitarra è praticamente inpalpabile e i synth dominano ovunque, scontati e pesanti. Non mi è chiaro se l'accreditato Atkins suona o c'è una drum machine, e voglio sperare che sia quest'ultima, visto il minimalismo assoluto che svilisce il lavoro precedente, Flowers of romance, tanto per dire. Il bassista del periodo, Jones, slappa come un forsennato ma forse è incolpevolmente vittima anch'egli della svolta pop-funk voluta da Lydon, che procura soltanto canzonette insipide e banalissime. Si salva soltanto l'acoustic-ambient di The slab, che guardacaso è strumentale e credo farina del sacco di Levene.
Si sa che Lydon è sempre stato un bravo affarista, e qui finì la sua carriera creativa, breve ma molto molto intensa.
La realtà dei fatti è che questo è il punto di non ritorno per i Pil, la morte artistica di un simbolo sacro della new-wave. Ciò che era stato compiuto coi primi 3 storici album venne letteralmente accantonato in favore di un easy-listening pacchiano e con pochissimi spunti creativi all'altezza della statura. Si può anche intuire perchè Levene lasciò, al di là dei motivi diversi da quelli artistici; la sua chitarra è praticamente inpalpabile e i synth dominano ovunque, scontati e pesanti. Non mi è chiaro se l'accreditato Atkins suona o c'è una drum machine, e voglio sperare che sia quest'ultima, visto il minimalismo assoluto che svilisce il lavoro precedente, Flowers of romance, tanto per dire. Il bassista del periodo, Jones, slappa come un forsennato ma forse è incolpevolmente vittima anch'egli della svolta pop-funk voluta da Lydon, che procura soltanto canzonette insipide e banalissime. Si salva soltanto l'acoustic-ambient di The slab, che guardacaso è strumentale e credo farina del sacco di Levene.
Si sa che Lydon è sempre stato un bravo affarista, e qui finì la sua carriera creativa, breve ma molto molto intensa.
(originalmente pubblicato il 24/02/2010)
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