lunedì 31 maggio 2010

Contrastate - A live coal under the ashes (1992)

Fu sempre il mitico Tedio Domenicale a farmi conoscere questo trio di sperimentatori inglesi, con la messa in onda della seconda parte della title-track di questo grumo sonico che ereditava le mosse più felpate dell'industrial anni '80, le fondeva con l'ambient e dava al tutto un tocco assolutamente europeo, con tanto di liriche politicizzate e sociologiche.
Nella fattispecie, la part 2 di ALCUTA era un dark-ambient statico e minaccioso sostenuto da un drone stabile con una sola variazione in corso, contornato di voci lamentose da girone di purgatorio, come dei cori gregoriani di frati sballati all'ennesima potenza. I Contrastate sapevano
incutere paura ed orrore ma erano abilissimi a variare i colori della tavolozza; le percussioni tribaleggianti della prima parte della title-track sfumano in un ambient quasi krauto, con campionamenti sinfonici, fino a ripiombare nel limbo evanescente che poi riprenderà con la 2° parte. Nel mezzo, la splendida Breaking the strawmen, con cattedrali di suono astratto che si stratificano con magica suggestione. Il folk flautato di The fingers of my foot trasfigura in un altro burrone di clangori metallici, voci inumane che sembrano provenire dall'oltretomba. Un lieve battito di percussioni anima l'epica An end marked by pessimism, con recitato finale (pare fosse dedicato all'europa dell'est e le sue situazioni politicamente contorte).
Riascoltandolo oggi, si capisce quanto erano avanguardistici Meixner e Grieves, fautori di sonorità che non erano pienamente associabili a nessuna corrente, bensì abili di saper prendere in qua e là per poter confezionare un prodotto personale e di alta tensione emotiva. E che di certo non era per tutti...

(originalmente pubblicato il 30/05/09)

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