martedì 25 maggio 2010

Pentangle - The Pentangle (1968)

(by Davide Cicciopettola)
Cinque ragazzi poco più che -allora- ventenni che esordiscono con questo lavoro che è la sintesi personale, unica e magistrale, e magistralmente eseguita, di blues, country-blues, folk di matrice celtica e specialmente jazz, il cui elemento contaminativo pervade la sezione ritmica (formata dal percussionista e batterista Terry Cox e dal contrabassista Danny Thompson, entrambi di chiara formazione jazz) con cambi di tempo improvvisi, iperbolici, sempre sostenuti dalla tecnica funanbolica e barocca di due chitarristi tra i migliori mai scesi sul pianeta Terra (John Renbourn e Bert Jansch, già "Bert & John" album che in qualche modo aveva gettato le fondamenta per i Pentangle a venire), e dalla voce magicamente fluente e nordica -come venisse da un paese o un pianeta lontano- di una giovanissima Jacqui McShee, per un risultato complessivo veramente spaventoso: per avere un'idea immaginarsi un rito druidico celebrato della verde brughiera irlandese ma messo in musica da Mingus!
Spesso il gruppo è stato inserito nel calderone del british folk ma sinceramente è difficile inquadrare il gruppo nel "revival folkloristico" fermandosi lì, almeno senza commettere una grave forzatura in questa categorica classificazione. Si ravvisa chiaramente nella loro musica una matrice fortemente legata alla tradizione ("Bruton Town" è una classica ballata inglese), ma questo elemento nell'economia complessiva della produzione dei Pentangle, con speciale riferimento alle loro prime opere, da questa in poi, trova davvero poco spazio di fronte a contaminazioni fantasiose e creative quanto insolite (basti ascoltare la ritmica dei 7 minuti di "Pentangling"); a supporto di tutto, era più che altro la capacità e l'ingegno di una line-up per quel tempo di livello già spaventosamente alto, a tal punto che questo loro esordio fu interpretato come quello di un supergruppo. La verità è invece soltanto un'altra: che quei 5 ventenni erano già a quell'età musicisti "belli che fatti", da riuscire a dar vita nelle note di quest'album a qualcosa di importante, con pieno convincimento dei propri mezzi, e contraddistinti specialmente dall'innocenza della loro giovane età, dunque ben lungi da mostrare l'autoindulgenza o la ridondanza o l'eccesso, quelli si invece tipici dei supergruppi d'ogni tempo!
Parlando di semplice british folk, in questo preciso contesto, significherebbe guardare come termine di paragone a gruppi coevi come i Fairport Convention, ma se quegli altri avessero contaminato la loro musica con metà dell'impeto jazz dei Pentangle (come in questo primo lavoro, e pure in "Cruel Sister"), ascoltandoli si avrebbe corso il rischio di scambiarli con i Soft Machine!!!

(originalmente pubblicato il 16/04/09)

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