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Una proposta comunque molto ostica, col grande capo Greenwood alla guida perenne (in stato non lucido) e una rotazione di gente incalcolabile. Il chitarrista dà il la con flebili scosse post-blues, arpeggi di una pigrizia notevole, micro-distorsioni folk, su questo Liberation, una tappa in cui le precedenti ascendenze jazz vengono totalmente accantonate in favore di un sound che può ricordare, in certi momenti, i Grateful Dead di Aoxomoxoa o i Pink Floyd di Zabriskie Point, con le dovute molle ovviamente. I contesti sono slabbrati, totalmente confusi e annebbiati, con violino e sax a mischiare ancor più le carte, qualche vibrafono cosmico a sagomare il sottofondo.
Ma nel marasma generale i JOM si degnano di infilare, proprio nel mezzo, quasi a fare un favore all'ascoltatore, un pezzo composto: Something in your mind, a parte il cantato improponibilmente stonato, è squisita ballata da far invidia a Will Oldham.
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