Vederli nelle foto di ora e confrontarli con quelle vecchie è quasi programmatico: con quelle barbe, quegli aspetti minacciosi ed arcaici che li fanno quasi sembrare dei senatori greco-romani antichi, i due cercano di abbattere altre frontiere filtrandole dall'esperienza Sunn O))), quella con cui Anderson ha saputo ricavare un minimo di riconoscimento nonostante l'evidente auto-ostruzionismo. Densley, che figurava fermo da diversi anni dopo lo scioglimento degli Iceburn, si cala anch'egli nei cunicoli catacombali del drone-doom con in mano una torcia di free-jazz zavorrato. Le voci, marziali e orrorifiche, fanno il loro giusto lavoro.
Le apocalissi di The obelisk of Kolob, Her horse is thunder e VOG, sono senza dubbio tematiche tipicamente andersoniane che Densley cerca di ravvivare, infiorettare. L'effetto è certamente suggestivo (il piano rhodes, certi inserti raga, gli squittii di Moore al trombone), ma il piccolo miracolo avviene negli altri tre pezzi. La title-track pone base su un motivo arzigogolato che non può non ricordare certo jazz oscuro degli Iceburn, prima di essere schiacciato dal martello dronico in piombo fuso. Divine ricorda certe cose degli Earth ma li sorpassa a destra con sevizie luciferine da paura. Il bordone macellato di Dark Matter crea lunga attesa per l'esplosione orchestrale: fiati incrociati, rhodes e addirittura un synth celestiale portano al climax vertiginoso di ascensione.Hanno raccolto ovunque recensioni fredde e sbrigative; non metto in dubbio la difficoltà della proposta, ma mi auguro che vengano rivalutati presto.
la 8 è corrotta. ciao mister
RispondiEliminaCiao a te,
RispondiEliminati promuovo collaboratore ufficiale del blog :-)
Grazie!
grazie, la servirò bene non tema!
RispondiElimina