Criptici, illusionistici e catarifrangenti questi Disco Inferno (un nome non molto azzeccato per la verità) che dopo gli inizi in stile post-punk svoltò per questo sound annebbiato e disperso in un pulviscolo atmosferico indefinibile. Riconducibile alle cose più gelate dei Wire, per certi versi, D.I. Go Pop per la verità resta un disco molto originale anche se di tanto in tanto soffre di una disomogeneità che rende difficile l'ascolto. L'inizio è un pestone scurissimo di nome In Sharky water, ma è solo un illusione che lascia il posto ai minimalismi inauditi di New clothes. La batteria è praticamente assente, ogni tanto c'è qualche giro di basso dub, ma per il resto sono nastri e tastiere a dominare il campo. A crash at every speed sfoggia un fuzz bass su tappeti di rumorismo circolare. Le melodie vengono fuori prepotentemente in Even the sea e Next year, paradossali pop-songs per alieni sfigurati.
Quand'è alla fine, però, di tutto questo casino resta in mente soltanto il pezzo migliore, Starbound all burnt out & nowhere to go, evocativo drumless che si regge su un giro chitarristico dimesso e stanco, su un vociare campionato di bambini e flussi ipercinetici di nastri.
Quand'è alla fine, però, di tutto questo casino resta in mente soltanto il pezzo migliore, Starbound all burnt out & nowhere to go, evocativo drumless che si regge su un giro chitarristico dimesso e stanco, su un vociare campionato di bambini e flussi ipercinetici di nastri.
(originalmente pubblicato il 27/05/09)
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