Dalla lontanissima Nuova Zelanda, un complessino molto artigianale che da quasi 30 anni (periodi di ferma a parte) produce pop di qualità notevole, spiccatamente sixties nell'approccio, con qualche spruzzata di wave e surf. Compilation (titolo pleonastico) fu quindi una sorta di epitaffio, una antologia di ciò che avevano registrato negli anni precedenti, uscito in un momento in cui i Clean non esistevano più. L'entusiasmo che ne scaturì li portò alla reunion, e di fatto a tutt'oggi sono attivi. Una ventina scarsa di squisite pop-songs che si fanno mangiare come caramelle, in cui certi strumentali infilati a mo' di intermezzo risultano essere quasi più interessanti dei pezzi canonici (la psichedelia di Fish, la psicosi joydivisionana di At the bottom). L'organetto recita un ruolo speciale negli arrangiamenti; a volte sembrano degli Stranglers scazzati ma molto più convincenti, certe strutture tipicamente surf (Beatnik) sembrano power-pop dei Ramones travestiti da Iron Butterfly.
Davvero un'ottima band, questi Clean. Ascoltando questo meltin-pot di tanti generi si capisce da dove hanno attinto a piene mani My Dad is Dead, Pavement, Sebadoh, Smudge e tanti altri protagonisti dell'indie-pop degli anni '90.
Davvero un'ottima band, questi Clean. Ascoltando questo meltin-pot di tanti generi si capisce da dove hanno attinto a piene mani My Dad is Dead, Pavement, Sebadoh, Smudge e tanti altri protagonisti dell'indie-pop degli anni '90.
(originalmente pubblicato il 30/03/09)
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