Ascoltai per la prima volta questo disco a casa di un mio ex-collega audiofilo ai limiti della follia, che aveva in casa un impianto da 40-50 milioni (lire), con dei valvoloni esposti grandi come dei vasi, grande appassionato di jazz, aveva tutto il catalogo della ECM, e così via. Mi prestò alcuni cd ma Koln Concert no, disse che per un motivo affettivo quel disco non poteva mai uscire dalla casa.
E ci credo; il primo movimento di questo live che nacque nella situazione più disastrata possibile per Jarrett (piano scarso, a digiuno, stanco, etc..), è quanto di più bello le mie orecchie abbiano sentito in tema di elucubrazioni pianistiche. Part I dura 26 minuti ed è un brivido, una pelle d'oca anche al 1000esimo ascolto, è quanto di più immortale possa esser stato improvvisato da un extraterrestre del pianoforte. Vagando fra il malinconico, il disincantato, il solare, il meditativo e il festaiolo, la suite è un autentico caleidoscopio di emozioni che si rincorrono tramite l'infinita tecnica del baffuto sostenuto da ispirazione divina.
La Part II divisa in 3 movimenti, inevitabilmente soffre il confronto con il climax ma sono dettagli minimi: sarebbe riduttivo dire che Jarrett esplora tutto il possibile, perchè se fosse durato un altra ora o due probabilmente avrebbe trovato nuove soluzioni nella sua improvvisazione. Neo-classico, neo-jazz, new-age, quello che è, The Koln Concert è musica fuori da ogni tempo, di un umanità e calore impressionanti, testimoniati dai battiti sordi sui pedali, dalle brevi cantatine in sottofondo che ogni tanto gli scappano, e ancor di più da quei brevi gemiti di goduria, in un teatro immobilizzato nel silenzio che alla fine lascia fluire un applauso interminabile quanto composto.
(originalmente pubblicato il 07/03/09)
E ci credo; il primo movimento di questo live che nacque nella situazione più disastrata possibile per Jarrett (piano scarso, a digiuno, stanco, etc..), è quanto di più bello le mie orecchie abbiano sentito in tema di elucubrazioni pianistiche. Part I dura 26 minuti ed è un brivido, una pelle d'oca anche al 1000esimo ascolto, è quanto di più immortale possa esser stato improvvisato da un extraterrestre del pianoforte. Vagando fra il malinconico, il disincantato, il solare, il meditativo e il festaiolo, la suite è un autentico caleidoscopio di emozioni che si rincorrono tramite l'infinita tecnica del baffuto sostenuto da ispirazione divina.
La Part II divisa in 3 movimenti, inevitabilmente soffre il confronto con il climax ma sono dettagli minimi: sarebbe riduttivo dire che Jarrett esplora tutto il possibile, perchè se fosse durato un altra ora o due probabilmente avrebbe trovato nuove soluzioni nella sua improvvisazione. Neo-classico, neo-jazz, new-age, quello che è, The Koln Concert è musica fuori da ogni tempo, di un umanità e calore impressionanti, testimoniati dai battiti sordi sui pedali, dalle brevi cantatine in sottofondo che ogni tanto gli scappano, e ancor di più da quei brevi gemiti di goduria, in un teatro immobilizzato nel silenzio che alla fine lascia fluire un applauso interminabile quanto composto.
(originalmente pubblicato il 07/03/09)
aveva composto il canovaccio di questo capolavoro piegato sul water di un autogrill tedesco ed il pianoforte (non quello che aveva richiesto) era scordato nella parte centrale della tastiera.
RispondiElimina