Un blocco di granito impenetrabile, con qualche sfocio di progressioni melodiche, ma che lascia ben poco spazio all'immaginazione. Il rispetto è alto per la musica dei chicagoani, che provengono da un retroterra grind-core e sono giunti a questo mostro che si muove agilmente fra fantasmi di Black Sabbath, progressive e post-rock. La dinamica è senza dubbio il fattore più importante nel sound ultra-compatto, con le chitarre tritacarne a comandare temi strumentali epici e apocalittici.
Ma, anche dopo averlo ascoltato più volte, Australasia è un mostro che non riesce a divincolarsi dalla propria gabbia, e resta l'impressione che in questo campo gli Isis abbiano fatto molto meglio, e con più fantasia.
(originalmente pubblicato il 30/09/08)
Ma, anche dopo averlo ascoltato più volte, Australasia è un mostro che non riesce a divincolarsi dalla propria gabbia, e resta l'impressione che in questo campo gli Isis abbiano fatto molto meglio, e con più fantasia.
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