La musica divina dei BP acquista sempre più valore col passare del tempo. Con la speranza che, a 4 anni dall'ultimo disco Sutton si rifaccia vivo prima o poi, corro a riascoltarmi questa raccolta che fu una mezza gaffe o il risultato di una diatriba fra etichette discografiche (che furono poi quelle che hanno rovinato una carriera destinata a diventare stellare). 4 titoli su 10 erano già stati inclusi su Independency, uscita soltanto 3 anni prima, contentente tutti i singoli 90-94 del quartetto. Verrebbe da dire poi chi se ne frega, quando va sempre bene riascoltare I know, All different things, Manman, Bloodrush, splendide escursioni nell'animo profondo e gentilmente sperimentale degli unici veri eredi degli ultimi Talk Talk.
Blue fu il singolo che poteva lanciarli su scala mondiale, con quell'elettro-pop di vaga impronta Japan ma del tutto privo di glamour. Poche cover sono state trasfigurate in maniera così marcata come Three girl rumba, lounge androide che in origine era power-pop-punk marchiato Wire. A street scene era il singolo prescelto da Hex, dal quale viene riproposta anche una versione live della meditazione astrale di Pendulum man. Murder City svela invece la faccia opposta di Sutton, in grado di sfoderare incubi aggressivi post-noise-rock che paradossalmente anticipavano le cavalcate galattiche futuristiche di Red Sparowes o Isis. E last but not least, i 21 minuti di Scum, suite semi-improvvisata pregna di minimalismo e ambientazioni spettrali, non a caso registrata in una chiesa sconsacrata.
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