Avventurarsi in un pastone dai toni trascendentali come questo Infinity non è propriamente facile, neanche per chi maneggia post, mail-rock e quant'altro. Tre lunghissimi brani di lungimirante sperimentazione sonora, fra neo-classico, recitato, spazializzazioni, concretismi vari ed eventuali. I momenti belli non mancano, soprattutto nella fase centrale di Providence, cavalcata western-rock emozionante e fragorosa. Gli arpeggi riverberati di The dead flag blues introducono il disco all'insegna di una stasi quasi cosmica, seguita da un dolce motivo in minore che si ripete all'infinito. East hastings si riproduce più o meno allo stesso modo, salvo velocizzarsi fra una selva intricata di archi in un crescendo imperioso.
I momenti più agitati sono i migliori, perchè nelle fasi soffici sembrano patire modesta ispirazione. Miglioreranno nettamente coi dischi successivi, al cui confronto questo debutto rimane opera molto acerba e raramente concludente.
I momenti più agitati sono i migliori, perchè nelle fasi soffici sembrano patire modesta ispirazione. Miglioreranno nettamente coi dischi successivi, al cui confronto questo debutto rimane opera molto acerba e raramente concludente.
(originalmente pubblicato il 06/10/08)
Nessun commento:
Posta un commento