Il pop gradevole e vagamente '60 dei GBV in un momento di successo indipendente molto alto, negli anni del post-grunge. Nulla di eclatante nè innovativo, ma abbastanza da piacere a tutti i fan di certi suoni colorati, allegri e sbarazzini. L'ombra di Syd Barrett aleggia un po' dappertutto, ma è un Syd più lucido, fisicamente presente e dinamico, quello impersonato dai songwriters Pollard e Sprout. Un team che ha prodotto piccoli quadretti a profusione per anni, quasi in quantità industriale. Una band, i GBV, creata quasi per scherzo da un maestro elementare-padre di famiglia, Pollard, che si diceva amasse intonare le sue songs ai figli per farli addormentare beatamente. Qualche anno di piccoli successi indipendenti, poi ad un certo punto il giocattolo si è rotto, Sprout se ne è andato per stare con la famiglia, Pollard ha continuato ad essere enormemente incontinente ma i GBV non se li è più cagati nessuno.
Anche se non sono fra i miei gruppi preferiti, la saga dei GBV racconta di onestà e semplicità, di rusticità musicale e di sapori genuinamente pop. Anche loro, in un mondo migliore avrebbero dovuto vendere milioni di dischi.
Anche se non sono fra i miei gruppi preferiti, la saga dei GBV racconta di onestà e semplicità, di rusticità musicale e di sapori genuinamente pop. Anche loro, in un mondo migliore avrebbero dovuto vendere milioni di dischi.
(originalmente pubblicato il 12/11/08)
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