martedì 4 maggio 2010

Papa M - Whatever Mortal (2001)

Dopo gli esperimenti estatici di Aerial M e Live from a shark cage, in cui dimostrava tutto il suo valore di decantatore ambientale-matematico-miniamalista, Pajo diede una svolta netta al percorso artistico, mettendosi a cantare e prendendo la strada del folk e del suo amico Will Oldham. Ne consegue un albo che si fa apprezzare per certi tratti, anche se resta un piccolo senso di smarrimento per l'uomo e la "standardizzazione" che subisce. Con il Principe ormai sulla cresta dell'onda, francamente non sentivo il bisogno di un suo emulatore, soprattutto se è l'ex-axemen degli Slint. Di certo Pajo ha un canto più intonato e posato, ma non è ciò che fa la differenza.
Detto questo, tanto vale citare almeno i pezzi migliori. Krusty, ad esempio, è uno strumentale che si regge su un arpeggio acustico dal tempo dispari molto intrigante. Geniale poi la mini-suite di Sabotage: il piano inquietante all'inizio, quasi un processo di camerizzazione di Spiderland. La nebbia fitta di sitar per una splendida fase centrale indio-ambient. Nel finale si torna a temi più rassicuranti, e l'effetto è senz'altro straniante.
Purtroppo sono le (numerose) ballads a guastare le scatole: oltre all'influenza evidentissima di Oldham, appare il fantasma di Cohen spesso e volentieri. E non basta il bel finale di Northwest Passage, strumentale in odore di ultimi Gastr Del Sol, a salvare un disco che nel complesso risulta abbastanza noioso e scontato, in rapporto alla statura del personaggio.

(originalmente pubblicato il 30/10/08)

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